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Audizioni Senato, VII Commissione – 22 settembre 2020

Cari colleghi,

volevo informarvi che il 22 settembre 2020  ci saranno una serie di audizioni presso la VII commissione del Senato nel quadro dell’indagine conoscitiva “SULLA CONDIZIONE SULLA CONDIZIONE STUDENTESCA NELLE UNIVERSITÀ E IL PRECARIATO NELLA RICERCA UNIVERSITARIA”.

Fra gli altri interventi è previsto quello del presidente Inguscio alle ore 14, quello di alcuni  precari alle 15.40 ed un mio intervento alle ore 16.

La registrazione dell’evento è disponibile sul sito della VII commissione del Senato al link  https://www.senato.it/3536?shadow_organo=1180007

mentre qui potete trovare le slides presentate nel corso dell’audizione.

37 thoughts on “Audizioni Senato, VII Commissione – 22 settembre 2020

  1. La giornata di ieri, con l’audizione pubblica della 7a Commissione del Senato, ha rappresentato un’occasione significativa di confronto con le istituzioni sulle tematiche del precariato nella ricerca e delle strategie di inserimento nei ruoli a tempo indeterminato, e la voce del CNR si è articolata in una pluralità di interventi. La seduta è stata aperta dal Presidente Inguscio, che ha raccontato la sua visione del problema del precariato all’interno del CNR, e ha infine sposato (ormai da tempo, devo dire) la tesi della necessarietà dell’intervento basato sulla legge Madia, ricordando di aver assunto 1700 unità di personale negli ultimi due anni, grazie anche al robusto finanziamento ricevuto allo scopo dal Parlamento e dal MIUR, e che ancora poche centinaia di unità di personale (circa 400, secondo le stime dei Precari Uniti del CNR) sono state selezionate come idonee all’assunzione e devono essere immesse in ruolo entro la fine del 2021; su quest’ultimo punto il Presidente ha dato assicurazione di voler terminare il lavoro iniziato, speriamo che anche il suo successore faccia proprio l’impegno. Successivamente è intervenuto il sottoscritto (“alcuni precari” mi piace lo stesso, dai), raccontando la storia dal punto di vista dei precari del CNR. Ricordo ai più disattenti che l’indagine conoscitiva della 7a Commissione serve ad introdurre una fase legislativa che mira all’approvazione di una legge di riordino dei ruoli di ingresso nell’Università e negli EPR, per cui dopo aver descritto la situazione attuale e la sua genesi abbiamo presentato alcune proposte, in forte consonanza con quelle delle associazioni e dei soggetti istituzionali che operano all’interno dell’università e addirittura con il nostro Presidente, sebbene lui sia stato un po’ più vago: abolizione dei contratti flessibili come l’assegno di ricerca, disboscamento con il napalm delle forme di collaborazione poco dignitose per le posizioni post-dottorali (borse di studio, collaborazioni, partita iva, …) riduzione del post-doc a due figure, ambedue contrattualizzate nel CCNL come posizioni di lavoro dipendente a termine. Una di durata non superiore a 4-5 anni, orientata alla soddisfazione delle esigenze temporanee dei progetti di ricerca ed alla maturazione curriculare dei giovani ricercatori, ma corredata di tutte le tutele economiche, contributive e del rapporto di lavoro che possiedono i ruoli contrattuali, seguita o dall’assunzione in ruolo con concorsi semplificati (come previsto dalla nuova legge 159/2019 che abbiamo contribuito a scrivere) o comunque da una posizione a TD senior, ottenuta per concorso, che conduca all’assunzione previa valutazione positiva, in modo simile all’RTD di tipo b dell’università per il quale nel 90% dei casi il rapporto di lavoro si conclude con l’immissione in ruolo. Come lavoratori del CNR abbiamo anche ricordato alla Commissione che in vent’anni il FOE reale (comprensivo di rivalutazione della moneta) è sceso dai 717 milioni del 2001 ai 593 milioni della proposta di quest’anno, e che questa forte diminuzione deve essere confrontata con un incremento (ovviamente doveroso!) dello stipendio dei ricercatori e tecnologi di circa il 40% nello stesso periodo. Il combinato disposto di questi due andamenti ha portato il costo del personale, ad unità di personale pressoché costanti sul lungo periodo, a superare il 90% del FOE. Abbiamo quindi respinto, sulla base di questi numeri, la descrizione del CNR come stipendificio, e chiesto con forza alla Commissione di ripristinare i saldi di 20 anni fa, senza i quali è impossibile un’adeguata valorizzazione del personale ed è impraticabile la progettualità autonoma dell’ente. Successivamente è stato il turno di “alcuni ricercatori del CNR”, ma forse vorranno essi stessi raccontarvi come è andata. La seduta era pubblica, quindi a breve la commissione renderà disponibili le clip degli interventi e ci sarà modo di condividerle qui mediante i link al sito istituzionale del Senato.

    1. Il dato dell’aumento del 40% dello stipendio di Ricercatori e Tecnologi appare leggermente impreciso. Dai dati disponibili sul sito del CNR (http://www.dcp.cnr.it/DPUASI/Moduli/Immatricolazioni.asp) prendendo il primo anno in cui sono forniti in euro (2002) il costo di un III livello di 1° fascia è passato da € 39.449,58 a € 50.305,3 (2019) per un aumento del 27.5% leggermente inferiore al tasso di inflazione cumulata negli stessi anni che è pari al 28.1 %.
      Nello stesso periodo il costo di un IV livello è passato da € 41.245,62 a € 54.962,30
      che è pari ad un aumento del 33.3%, del 5% superiore a quello dell’inflazione.

      1. Lo stipendio tabellare nel CCNL 2000-2001 per i livelli I-III, prima fascia stipendiale, era fissato a partire dal primo gennaio 2001 in
        I – 63.551.000 di lire pari a 32821 euro
        II – 46.161.000 di lire pari a 23840 euro
        III – 33.564.000 di lire pari a 17334 euro
        Dal primo aprile 2018 gli stipendi tabellari dei livelli I-III per il CNR (dati DCGRU-CNR) sono invece
        I – 49640 euro (+51%)
        II – 38491 euro (+61%)
        III – 30388 euro (+75%)
        Utilizzando il costo totale del solo III livello in prima fascia stipendiale il risultato che avevo ottenuto mesi fa era un +40%. Al di là dell’inutile cavillare sui numeri la tesi, del tutto solida comunque si leggano le tabelle, era che mentre nel periodo 2001-2020 il fondo ordinario del CNR è aumentato di un misero 9,6% a valore costante della moneta, ed è diminuito di 124 milioni rivalutando la somma del 2001, il costo del personale è aumentato in percentuale molto di più del 9,6% (per fortuna), senza pressoché aumentare le unità di personale salvo le periodiche sanatorie che lo trasformavano da precario a strutturato, strangolando lentamente il bilancio del CNR.
        Per il resto ha detto tutto AndreA ISTC e non c’è purtroppo molto altro da aggiungere.

        1. Se prendi i dati del 2001 a cavallo del salto lire-euro e l’ inflazione indotta da quel salto, non fai un un buon servizio ai nostri colleghi. Come ho detto prima prendi il dato al 2002, primo dato in euro e rapportalo a quello del 2019, ultimo disponibile. Il costo totale incrementa, per i livelli I-III, perché gli altri aumentano di più, del 27.5% cioè meno dell’inflazione.

          1. La luna è che il fondo ordinario è aumentato molto meno del costo del personale a parità di consistenza numerica del personale. il 30%, 40%, 50% è il dito…

            Se il Ministro vuole continuare a fare la propria politica scientifica con la parte ribaltabile del FOE allora è un Ministro disattento, nel solco della tradizione del nostro paese che ha molteplici sfaccettature. In un ordine di priorità mi interessa di più che si aumenti la parte ordinaria e non vincolata del FOE, più che sapere che quell’aumento provenga dalla parte ribaltabile, dal recovery fund, dalle tasse di scopo o da altre fonti di finanziamento. Se e solo se il rilievo politico fosse “non ti posso aumentare l’ordinario perché ti do la parte ribaltabile”, allora risponderei “e allora levamela, se hai il coraggio”. L’ho detto a Fioramonti, che probabilmente lo avrebbe fatto se avesse avuto il tempo…

    2. Grazie Giuseppe della sintesi della parte di audizione riservata alle problematiche più specifiche del CNR, che mi sembra utile per chi non avesse seguito gli interventi in diretta.
      Personalmente, pur apprezzando l’intenzione sottesa al tipo di riforma del pre-ruolo che anche tu presenti, anche facendo un grosso sforzo di immaginazione non vedo come una sua eventuale implementazione possa essere compatibile con le modalità di gestione attualmente in vigore al CNR* per i fondi di ricerca reperiti (in una maniera o nell’altra) al di fuori del finanziamento ordinario – che del bilancio CNR costituiscono una parte non indifferente.
      Forse, applicando lo stesso metro usato dal Presidente Inguscio quando ieri ha descritto le 25/26 (cit.) aree strategiche, che da qualche anno regolano le carriere del personale CNR, come sufficiente garanzia di prospettive serie di ricerca per stabilizzati e neoassunti ci potrei anche riuscire, ma saremmo ai confini con la fantascienza…
      Io sono profondamente convinto che ogni riforma delle carriere nel settore della ricerca dovrebbe rispondere prima di tutto alle logiche di come la ricerca viene effettivamente svolta, tenendo conto delle profonde specificità lavorative che la caratterizzano, e questo non si può fare che partendo da una sana ed effettiva autonomia di ente e ricercatori nel dettare le linee di ricerca e gestire progetti più o meno articolati, con una valutazione che si fa ex-post sui risultati raggiunti (a medio termine). Che poi a ben guardare non è cosa troppo distante da quanto accade nell’università, persino quella italiana.

      Paolo Villa (CNR-IREA)

      *si vedano gli ultimi regolamenti su piani economici, i blocchi più o meno espliciti ai bandi TD, le proposte di riforma del regolamento di contabilità e finanza, tutte cose del resto avvenute sotto la presidenza di Inguscio

      *si vedano gli ultimi regolamenti su piani economici, i blocchi più o meno espliciti ai bandi TD, le proposte di riforma del regolamento di contabilità e finanza, tutte cose del resto avvenute sotto la presidenza di Inguscio

      1. Caro Paolo parliamo davvero di tutti gli aspetti organizzativi! La mia ambizione è quella di costringere anche questo stesso management dell’ente a rivedere le proprie priorità sul reclutamento basato sui progetti di ricerca (e anche su un altro paio di cose ovviamente, ma quello è “vaste programme”…), spostandolo verso un reclutamento, anche a termine, orientato al potenziamento delle strutture di ricerca in relazione ad attività programmate su un periodo più lungo del singolo progetto. Un po’ come si fa in alcuni casi con gli RTDA universitari banditi direttamente dai dipartimenti degli atenei, anche se lì ci sono pure le esigenze didattiche. Forse andrebbe fatta un briciolo di autocritica anche da parte nostra: siamo ancora capaci (parlo perlomeno per me e per gli altri 1500 ricercatori assunti negli ultimi due anni con concorsi e stabilizzazioni) di ottenere finanziamenti per progetti di ricerca da svolgere senza assumere nessuno, coinvolgendo colleghi senior “sottoutilizzati”? Per questo ho detto nell’audizione che sarei favorevole al contingentamento delle assunzioni a termine. Ma non come il CSG che vuole tutti assegnisti, senza alcun controllo sul loro numero complessivo e zero TD! Forse con il nuovo presidente…

  2. Il video è senz’altro più efficace di qualsiasi resoconto, ed è disponibile sulla pagina della VII Commissione del Senato al link https://www.senato.it/3536?shadow_organo=1180007. Le slides da me presentate sono disponibili a questo link http://ilnostrocnr.it/files/2020-09-23/Audizione-Senato-22-settembre2020-Vito-Mocella-CNR_finale.pdf. In sintesi ho mostrato come il reclutamento al CNR sia fortemente condizionato dalle procedure cui siamo costretti dalle norme sulla PA che ci vincolano ad effettuare due prove scritte ed un orale, con un valutazione dei titoli che non eccede 1/3 del punteggio e che questo aspetto, assieme all’assenza di una stabilità del reclutamento e di criteri certi e noti a priori, limita fortemente l’Ente. Ho mostrato come, oltre ai vincoli normativi sulle assunzioni, il CNR è un ente sostanzialmente etero-diretto e questo limita la sua capacità di azione in tutti i capi, incluso quello del reclutamento che è strettamente legato all’accesso ai fondi che al momento sono uno dei principali ostacoli ad un reclutamento di respiro internazionale. Ho difatti rilevato che su 53 ERC di nazionalità italiana solo 20 hanno scelto istituzioni italiane, a dimostrazione della scarsa attrattività del sistema italiano nel suo complesso Ho quindi prospettato fra le soluzioni proposte quella di fornire un vero autogoverno al CNR, di consentire di reclutare con norme specifiche e diverse da quelle della PA, di armonizzare il reclutamento negli EPR e nell’Università per andare verso una reale mobilità nel sistema ricerca italiano, per poi evolvere verso una mobilità dei ricercatori su scala continentale che al momento è pura utopia. Nel rispondere ad alcune domande ho poi evidenziato che il dato fornito in precedenza dal presidente Inguscio, ovvero che circa un 30% dei neo-assunti erano italiani di rientro dall’estero, mi appariva largamente sovrastimato e mi sono impegnato a fornire un dato accurato in merito quanto prima.

  3. Mi pare che l’unico messaggio chiaro lanciato da Mocella (in rappresentanza di un generico “gruppo di ricercatori CNR”) sia che l’ente è un carrozzone mangia soldi, che risponde a poteri esterni (poteri politici, economici, e chi più ne ha più ne metta) e che non segue nessuna linea generale di ricerca valida.

    Sorvolando sul fatto che è stato ripreso (ben due volte) dal presidente della seduta e sulle varie imprecisioni, omissioni e informazioni mal riportate nella sua presentazione, direi che ha riportato una immagine di un CNR molto distante da quello che viene rappresentata quotidianamente dalle attività svolte e dai risultati ottenuti dei molti ricercatori.

    1. Caro Andrea (ma ora sei diventato un qualunque “Anonimo”), se ti fossi preso la briga di leggere la pagina della commissione avresti visto : “Vito Mocella membro del Consiglio di Amministrazione del CNR per il periodo 2015-2019”. Per il resto il video parla da sé. Il presidente Nencini (PSI) non mi ha ripreso, mi ha interrotto ed ha cercato di difendere le affermazioni di Inguscio circa il fatto che un 30’% dei neoassunti sono colleghi di rientro dall’estero. Come ogni ricercatore , anche se non ho misurato un dato con esattezza, sono in grado di capire se il dato è realistico o meno e il 30% non è un dato verosimile e mi sono impegnato a fornire alla Commissione il dato preciso. Il CNR non è un carrozzone e io non l’ho mai detto (cf video e slides) : ho detto che procede in modo del tutto casuale con il proprio reclutamento che a periodi di blocco (che creano precariato) seguono momenti di assunzioni consistenti il tutto senza pianificazione, senza criteri certi di valutazione ecc… Questo, che ti piaccia o no, scoraggia il rientro di giovani all’estero come plasticamente dimostrato dall’esito dei recenti ERC starting grant, in cui a fronte di 53 ricercatori italiani “solo” 20 hanno deciso di operare in Italia. Infatti io ho parlato di mancanza di attrattività dell’intero sistema Italia non solo del CNR. L’ulteriore problema che ho evidenziato è che il CNR è etero-diretto e 4/5 del CdA sono di nomina esterna e che tutti i direttori sono a loro volta nominati da questi nominati. Ho quindi effettuato un parellelo spero comprensibile: è come se all’università il rettore fosse scelto dal ministero e i direttori di dipartimento dal Rettore. Il CNR è quindi di fatto etero-diretto, ma forse questo a te piace. E’ un diverso approccio dell’autonomia della ricerca che non condivido ma rispetto. E’ chiaro che non a tutta la politica piace sentirsi dire che il CNR è governato da persone di nomina politica e ad esse risponde prima che alla comunità interna. Ma. non disperiamo che ci sia una parte di classe politica che trovi questo inaccettabile e voglia apportare dei correttivi.

      1. E’ vero, il video parla da se.

        Il presidente Nencini lo ha presentato come “rappresentate di un gruppo di ricercatori CNR”. Non lo ha presentato come rappresentante del personale CNR in CdA. Anche perchè se l’invito fosse stato fatto al rappresentante del personale CNR in CdA, forse avrebero dovuto invitare un’altra persona.

        Le interruzioni del presidente sono state, la prima, per richiamarla a parlare dell’argomento oggetto della seduta, i.e., del precariato nella ricerca (cosa che non aveva fatto se non nelle premesse del suo discorso) e, la seconda, per chiederle se aveva i dati che le erano stati chiesti e che lei non stava presentando. E che non aveva perchè, infatti, ha concluso dicendo che avrebbe reperito i dati e li avrebbe forniti alla commissione.

        Tra l’altro, nel suo intervento lei afferma che nessuno tra gli stabilizzati è rientrato dall’estero perchè come requisito dovevano avere 3 anni di servizio al CNR. E questo la dice lunga su quanto ha seguito il processo di stabilizzazione, visto che gli stabilizzandi dovevano essere in servizio nel 2017. E ce ne sono di stabilizzati che erano andati all’estero e che sono rientrati.

        Infine, non ha detto che è un carrozzone ma ha ripetuto mille volte (non lo prenda alla lettera, è un modo di dire) che il CNR risponde ad interessi politici ed economici, che è “preda” di ingerenze esterne di ogni tipo. Il messaggio voleva essere “riformateci”? A me è sembrato più “è tutto da buttare!”. Ognuno trarrà le sue considerazioni guardando l’intervento.
        Però ha dimenticato di parlare anche dei poteri forti interni. Alcuni anche da lei prima osteggiati e poi improvvisamente diventati amichevoli. Ricordo la sua lettera prima della prima votazione in cui parlava di candidati espressione della vecchia politica nel CNR e poi diventati “compari” per questioni morali che hanno portato al ricorso al TAR, poi rigettato.

        Su un’altra cosa sbaglia. A me il CNR attuale non piace.
        La partecipazione della rete alle scelte è importante. Una prima espressione di tale partecipazione è stata proprio il voto per l’elezione del rappresentante del personale in CdA e per l’elezione dei rappresentanti nei CS dei vari dipartimenti. Aspetto, inoltre, di eleggere anche i rappresentanti nel Consiglio Scientifico del CNR.

        Mi permetta infine di sottolineare che affermare, in una delle massime sedi istituzionali Italiane, che non consiglierebbe ad un giovane ricercatore di venire a lavorare in Italia e al CNR, mi fa vergogna. Offendere il lavoro di così tanti lavoratori della ricerca, tutti assieme, in una sola frase è veramente vergognoso!

        Buona serata

        1. Caro Andrea (ora “Anonimo”) come mi presenta il presidente Nancini deve chiederlo a lui, ma credo che non abbia ascoltato bene perché mi ha interrotto. Mi è stato chiesto se era corretto il dato fornito, a caso (aggiungo io) da Inguscio di un 30% di neo-assunti che rientravano dall’estero. Io quel dato non lo avevo, d’altra parte l’ha detto Inguscio non io perché dovevo conoscerlo? Mi sono impegnato fornirlo con esattezza ma, come qualsiasi ricercatore (immagino anche lei anche se non la conosco) sono in grado di capire se un dato è realistico o meno. Il dato del 30% è chiaramente sovrastimato come chiunque viva al CNR sa perfettamente. Le dà fastidio che lo si dica in Parlamento ? io non la conosco ma da quel che lei dice ho l’impressione che le stia bene un CNR al servizio della politica e difatti apprezza il fastidio, evidente, di quella parte della politica che non ama sentirsi dire certe cose e che invece gradisce “usare” il CNR. Il CNR è un ente di ricerca attualmente asservito alla politica. Ad una parte della politica che, così come a lei che evidentemente l’apprezza, non piace un’audizione fuori dagli schemi, che dà fastidio e in cui si va a dire, proprio nel cuore della politica che non si può tenere un ente di ricerca asservito ad essa. Il messaggio era chiaro, assieme ai soldi che servono per fare ricerca serve la libertà per farla: dateci l’autogoverno, è il primo passo per risollevarci. Il presidente l’ha capito benissimo e infatti non lo ha apprezzato. Le fa vergogna sentir dire la verità , preferisce verità di comodo ? E’ un problema suo, io preferisco dare consigli sinceri. Le affermazioni sui poteri forti che poi mi sono diventati amici, sono per me incomprensibili, ma credo che esista un gap culturale incolmabile rispetto a chi ritiene corretto asservire la ricerca alla politica!

          1. Nobilitare un’imboscata su tematiche completamente estranee alla materia dell’audizione, presentandola come “un’audizione fuori dagli schemi” mi lascia francamente abbastanza esterrefatto. Il Presidente ha descritto la situazione del precariato nel CNR, ha chiesto soluzioni legislative per innovare il percorso di inserimento in ruolo, e ha chiesto soldi per rilanciare tutte le attività dell’ente. I precari ed ex precari hanno descritto la situazione del precariato nel CNR, hanno proposto soluzioni legislative per innovare il percorso di inserimento in ruolo e hanno chiesto soldi per rilanciare tutte le attività dell’ente. Qualcun altro invece no. Guardate le clip.

  4. Un’imboscata ? Peppino ma non ti sembra di usare toni un attimo esagerati? Non capisco, se le clip sono auto-esplicative perché sei così nervoso, rilassati, sono approcci diversi.. c’è chi preferisce snocciolare dati, alcuni errati come Inguscio che spara un 30 % di rientri dall’estero (ma anche tu, forse è il caso che precisi su quel 40% ..). Altri, come me preferiscono in una sede politica fare un discorso politico: un ente etero-diretto al servizio della politica (che ad alcuni piace, o sbaglio?) non farà gli interessi dell’Ente ma baderà ad assecondare il potere che lo ha nominato. E’ lapalissiano, se devi rispondere a chi ti ha nominato non ti interessa fare criteri chiari o nominare le commissioni in modo indipendente. Questo influenza in modo determinante il reclutamento e non si può prescindere da questo. quel dato di 33 ERC su 53 che scelgono di andare fuori dall’Italia attendono una risposta che la politica deve dare. Ad una parte della politica senz’altro piace anche per poter chiedere di finanziare i progetti degli amici (cf parte vincolata del FOE, che è proprio dove è finito il FOE che è stato sottratto). E’ un ragionamento politico che una parte della politica apprezza. L’altra parte, quella che vuole un ente pronto ad assecondare le sue richieste clientelari, l’apprezza meno. De gustibus…

  5. Poiché era stato inviato in anticipo il link alla commissione del senato, ho ascoltato l’audizione di Mattioli, Mocella e rappresentanti di altre realtà. Ho trovato molti contributi interessanti. Tutti, con diverse angolazioni, hanno messo in luce problemi complementari ed importanti. Mattioli ha fatto una proposta sul reclutamento, della quale non mi è tutto chiaro e sulla quale, in un contesto civile, si potrebbe discutere. Mocella è accusato di qualcosa ma concretamente non ho capito di cosa. Aver detto che il sistema ricerca italiano e CNR non è attrattivo? Ma questa constatazione è ovvia e non fa che ricalcare un punto portante del documento di preparazione al PNR, documento approvato dal Ministro e inviato a tutti noi affinché mettiamo in moto un pensiero critico e possibilmente efficace. Su questo punto si stanno cercando e proponendo rimedi, come a dire che non va proprio benissimo. Non c’è un motivo vero per cui le posizioni espresse giustifichino uno scontro sul ring. Questo non è confronto sui temi, questo è solo metadiscorso. Non sembra che in queste condizioni valga la pena di entrare nel merito.

    Mi auguro che a un certo punto cessi lo scazzo da palestra e inizi un confronto su cosa sia possibile e realistico fare per un rilancio serio del CNR, per legare al reclutamento dei giovani anche condizioni favorevoli allo sviluppo delle proprie energie e potenzialità scientifiche, altrimenti è asfittico (rimando all’editoriale di Han pubblicato su Cell “Next Generation Scientists: Past, Present and Future” https://doi.org/10.1016/j.xinn.2020.100037), per una volta che c’è un ministro che sembra prenderla sul serio.

    Le contrapposizioni di schieramento sono inutili e al di sotto del livello di razionalità che dovrebbe essere proprio dei ricercatori. Diego Breviario aveva scritto un bellissimo post qualche tempo fa sulla natura delle spaccature nel momento che attraversiamo. Essendo di livello molto alto, nessuno ha avuto il coraggio di rispondere.

    1. Cara Patrizia, accogliendo il tuo saggio suggerimento cerco di fare una sintesi propositiva. Io concordo, e l’ho anche detto in audizione, con la semplificazione di cui parlava Mattioli delle forme di contratto per evolvere verso chiare procedure di tenure-track , sul modello RTB universitario come dice lo stesso Mattioli. Questo era una parte delle proposte, non solo mie, che ho portato in commissione per andare verso un sistema di armonizzazione con quello universitario. Nel riformare il reclutamento degli Enti va fatto lo sforzo ulteriore di renderlo parallelo al reclutamento universitario in modo da consentire davvero una mobilità fra la realtà degli EPR e quella Universitaria, in una prospettiva di armonizzazione europea come si è fatto non senza difficoltà per i titoli di studio universitari. Infatti io non ho visto contrapposizione fra il mio intervento e quello di Mattioli. Il mio intervento era, sostanzialmente, nella richiesta di dare un quadro stabile e certo alla riforma del reclutamento ed inserirlo in una riforma di ente autogovernato perché è un prerequisito, a mio avviso, indispensabile per un reclutamento di un’Ente di ricerca. Come ho infatti ricordato in audizione gli RTB hanno la quasi certezza della conversione del posto in professore associato perché hanno un chiaro percorso, che è quello di ottenere l’abilitazione da associato. Negli EPR invece questo percorso manca e credo sia un tassello fondamentale anche per aumentare l’attrattività del nostro reclutamento. Se Mattioli si è concentrato sulle forme di contratto, su cui io sostanzialmente concordo e l’ho detto, io ho ritenuto fondamentale associare ad esse anche l’accesso ai fondi. Un reclutamento in ricerca (nel resto della PA è diverso), non può prescindere dalle possibilità che poi sono offerte al candidato di svolgere con profitto il proprio lavoro. Al momento queste prospettive non sono affatto rosee ed è il caso di far capire perché ai parlamentari. Ritengo che questo quadro di complemento alle forme contrattuali fosse doveroso e necessario per il legislatore ma, come detto, non è per niente in contrapposizione con quanto illustrato in precedenza da Mattioli, è sostanzialmente in complemento ad essa. Spiace che questa complementarietà e apertura al dialogo non sia stata colta appieno, finora.

      1. Per dare un contributo ulteriore alla discussione, vorrei scindere due aspetti certamente collegati tra di loro ma diversi da un punto di vista pratico.

        1) Quello che si può fare qui ed ora, cioè con questo Ente, questo Parlamento e questo Governo da qui alla fine della legislatura. Credo che questa cornice imponga obiettivi ben definiti, su tematiche che abbiano raggiunto una certa maturità all’interno di questa cornice. La cosa più urgente è il rifinanziamento ordinario dell’ente. Anche un ente “eterodiretto”, anche un ente che di fatto è indipendente (per gli effetti del 218/2016), ma non è autonomo quanto lo vorremmo, ha bisogno in primo luogo di soldi, tanti soldi, almeno 100 milioni di euro privi di vincoli, perché altrimenti presto cadrà a pezzi, progetti infrastrutturali o meno, e perché non può valorizzare, incentivare, motivare il proprio personale.

        Poi bisogna raccogliere la disponibilità del Parlamento a riformare le leggi che normano l’accesso all’università ed agli enti di ricerca, dialogando per avere una carriera pre-ruolo che sia dignitosa nelle tutele, rigorosa nella selezione e sufficientemente rapida da non creare disoccupati quarantenni o richiedere sanatorie ogni 5 anni. Con Mario Ledda le proposte le abbiamo fatte spesso, anche qui. Dopo la laurea ci dovrebbero essere

        (i) tre anni di dottorato di ricerca (borsa di studio) o di formazione lavoro negli enti (assegno professionalizzante post-laurea). La seconda cosa è un escamotage per sottrarre all’università il diritto divino di conferire i dottorati, e potrebbe essere superata se gli EPR vigilati dal MUR potessero conferire dottorati. Questi tre anni non sono lavoro, sono formazione o formazione-lavoro e non danno diritto ad anzianità di servizio.
        (ii) tre-cinque anni di post doc, incluso un periodo all’estero ove ragionevole, anche se sono convinto che all’estero da precario ci vada prevalentemente chi è benestante e ha la famiglia che lo sostiene. Servirebbe uno strumento nazionale, un erasmus dei post-doc, ma questa è fantascienza. Il post-doc deve essere un dipendente a tutti gli effetti della PA, con un contratto analogo all’RTDA dell’università o all’RTD degli enti, magari un’unica tipologia per tutti e due così si incentiva la mobilità orizzontale, a cui si accede per concorso, con diritti e doveri scritti nel CCNL. Sarebbe bello se ci fosse una parte significativa di concorsi nazionali anche per queste posizioni di post-doc, finanziate già con 3+2 anni. Sarebbe opportuno anche impostare un sistema di quote, in modo che il numero totale di post doc che un ente può assumere sia limitato. Il periodo post-doc contribuisce alla ricostruzione della carriera dopo l’assunzione.
        (iii) dopo tre anni di post-doc diventa possibile partecipare ad un concorso per l’assunzione in ruolo. Vi ricordo che dall’anno prossimo il CNR sarà obbligato (legge 159/2019) ad assumere il 50% dei R&T con concorsi per titoli e colloquio tra coloro che hanno lavorato almeno tre anni al suo interno, ed il restante 50% con i consueti (desueti) concorsi per titoli ed esami. Sarebbe intanto una buona idea quella di uniformare le due tipologie di concorso (titoli e colloquio). Personalmente, anche con i limiti della bibliometria, sono favorevole ad un’abilitazione per l’accesso al ruolo. Ma questo richiederebbe condizioni al contorno complesse come il ripristino del Ricercatore universitario a TI, in modo da avere livelli abilitativi uniformi per l’inserimento in ruolo tra università ed EPR. Nel transitorio mi accontenterei di estendere la ratio del concorso RTDb agli EPR, con l’assunzione previo conseguimento entro tre anni a) delle sole soglie bibliometriche ASN come professore di II fascia in un settore disciplinare compatibile con l’area strategica per la quale si è vinto il concorso o, alternativamente, b) una valutazione abilitativa di una commissione CNR sorteggiata annualmente per ciascuna area strategica.

        Un commento sulla passione di Mocella per il reclutamento degli stranieri. L’ultimo concorso (368.17 nel 2016) per il III livello a cui ho partecipato si poteva sostenere integralmente in inglese, scritti a scelta tra inglese ed italiano ed orale in inglese per tutti, salvo dimostrare di conoscere l’italiano (come Suarez…). C’era davvero tanta gente che avrebbe voluto tornare dall’estero in quel concorso, ed anche alcuni stranieri, ma sono stati assunti in buona parte i raccomandati italiani, as usual. Prima di preoccuparci degli stranieri, comincerei a sorteggiare le commissioni… Secondo me poi gli stranieri non vengono in buona parte per gli stipendi da fame! Se raddoppiassimo gli stipendi e sorteggiassimo le commissioni, magari nei settori dove ha senso con un esperto straniero in commissione, allora potremmo avere una quota fisiologica di colleghi stranieri, così come abbiamo una quota fisiologica di immigrati. L’attrattività è un’altra cosa, si produce con i soldi. Per quelli che non lo conoscono vi invito a visitare il sito del KAUST per capire cosa intendo.
        https://www.kaust.edu.sa/en
        Proporrei anche uno “ius culturae” dedicato, semplificando l’immissione in ruolo attraverso i concorsi riservati ex-lege 159/2019 degli stranieri che fanno il dottorato ed il post-doc in Italia.

        2) Quello che deve essere costruito. Autonomia statutaria della comunità scientifica. Va creata la condizione affinché nuovo Presidente e Ministro si convincano a stimolare questo processo. Lo “scazzo da palestra” non aiuta, un passo indietro di tutti, con reciproca legittimazione e rispetto dei ruoli, potrebbe essere un primo passo. Passaggio intermedio. Chiedere al ministro il decreto di costituzione del Consiglio nazionale dei ricercatori e dei tecnologi presso il MUR, previsto dal 218/2016. Ma bisogna sporcarsi le mani con le istituzioni…

        1. Caro Mattioli, ho l’abitudine di sporcarmi le mani con le istituzioni da molto tempo, ma ha anche la cattiva abitudine di interagire con le istituzioni alla pari e non di accontentarmi di dire loro quel che immagino vogliano sentirsi dire. Che occorra aumentare il FOE, mi fa piacere sentirtelo dire ma è una cantilena che ripeto da molti anni. Ma uno dei posti dove il FOE si è annidato è proprio nelle clientele del FOE vincolato di un Ente etero-diretto. Questo l’ho denunciato da anni ed è giusto che la politica lo sappia, perché non disponendo il parlamento di risorse infinite occorre fare notare che almeno 60 milioni dei 100 che servirebbero sono proprio lì, immediatamente svincolatili se ci fosse la volontà. Giusto per essere sul pezzo dell’autonomia ho l’impressione che tu abbia una visione distorta della stessa. quando dici “.. il CNR sarà obbligato (legge 159/2019) ad assumere il 50% dei R&T con concorsi per titoli e colloquio ..” non avverti una leggera discrasia nel parlare di autonomia e poi dire che il CNR sara obbligato ? Se leggessi con maggiore attenzione la L.159/2019 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/12/28/19G00166/sg) essa dice “l’ente puo’, previa procedura selettiva, per titoli e colloquio, …” . PUO’ non è un caso, perché il legislatore non avrebbe potuto scrivere DEVE, perché, in teoria ,siamo un Ente autonomo. Nella pratica poi non lo siamo affatto e quel può, mi dirai, diventa un deve sotto le pressioni della politica che dirige l’Ente. Questo andrebbe bene se i contratti flessibili, a monte, avessero delle caratteristiche nella scelta delle tematiche e delle persone, confrontabili a quelle degli RTB. Altrimenti non si rispetta quello che la stessa norma prescrive “in conformita’ agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale, nel rispetto dei principi di pubblicita’ e trasparenza. ” Io non ho una passione né per il reclutamento degli stranieri né per il rientro degli italiani all’estero: so per esperienza che la ricerca è internazionale e noi abbiamo bisogno di essere in grado di attrarre risorse in ingresso, così come ne forniamo moltissime in uscita. Purtroppo traspare un provincialismo esasperante nell’affermazione “che all’estero da precario ci vada prevalentemente chi è benestante e ha la famiglia che lo sostiene. ” Innanzitutto è banalmente falsa perché conosco tante persone di estrazione relativamente modesta che sono andate all’estero, spesso per non ritornare. Se vogliamo affrontare la tematica della “riproduzione sociale”, come la definisce Bourdieu, è chiaro che la ricerca non è affatto esente da essa, anzi e tu lo sia bene, ma questo esula dal nostro dibattito. Mi spieghi perché occorra una famiglia benestante per fare un’esperienza significativa all’estero quando, come tu ben dici, gli stipendi offerti all’estero sono tipicamente più elevati di quelli che lo stesso precario riceve in Italia ?

          1. Caro Mocella
            Forse a questo punto vale la pena riportare integralmente il testo di legge dell’articolo 12-bis.

            “Art. 12-bis (Trasformazione di contratti o assegni di
            ricerca in rapporto di lavoro a tempo indeterminato). – 1. Qualora la
            stipulazione di contratti a tempo determinato o il conferimento di
            assegni di ricerca abbiano avuto ad oggetto lo svolgimento di
            attivita’ di ricerca e tecnologiche, l’ente puo’, previa procedura
            selettiva, per titoli e colloquio, dopo il completamento di tre anni
            anche non continuativi negli ultimi cinque anni, trasformare il
            contratto o l’assegno in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in
            relazione alle medesime attivita’ svolte e nei limiti stabiliti del
            fabbisogno di personale, nel rispetto dei principi enunciati dalla
            Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione 2005/51/CE
            della Commissione, dell’11 marzo 2005, in conformita’ agli standard
            qualitativi riconosciuti a livello internazionale, nel rispetto dei
            principi di pubblicita’ e trasparenza.
            2. Al fine di garantire l’adeguato accesso dall’esterno ai
            ruoli degli enti, alle procedure di cui al comma 1 e’ destinato il 50
            per cento delle risorse disponibili per le assunzioni nel medesimo
            livello, indicate nel piano triennale di attivita’ di cui
            all’articolo 7.
            3. Al fine di completare le procedure per il superamento
            del precariato poste in atto dagli enti, in via transitoria gli enti
            medesimi possono attingere alle graduatorie, ove esistenti, del
            personale risultato idoneo nelle procedure concorsuali di cui
            all’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.
            75, per procedere all’assunzione ai sensi del comma 1 del presente
            articolo”».

            Il comma 1 dice “puo’, previa procedura
            selettiva, per titoli e colloquio, dopo il completamento di tre anni
            anche non continuativi negli ultimi cinque anni, trasformare”

            Intanto si prevede una procedura selettiva per titoli e colloquio, cioè la stessa prevista per l’RTDb. Inoltre il “può” è riferito al “trasformare”, cioè può assumere le persone in deroga alle procedure per titoli ed esami del dpr 487/1994 che caratterizzano i concorsi ordinari nella PA. Invece il comma 2 non lascia spazio ad interpretazione, alle procedure selettive semplificate è destinato il 50% delle risorse disponibili nel PTA per le assunzioni nel medesimo livello.

            vedremo cosa sceglierà di fare l’ente, se cercare di aggirare cavillosamente quest’interpretazione oppure attenervisi. Io spero si attenga, e che passi il principio che metà delle assunzioni debbano essere riservate, previa selezione rigorosa sulla base degli standard internazionali, a chi viene formato e lavora per un certo periodo negli enti. Questo permetterebbe anche una migliore programmazione delle attività di lungo periodo dell’ente (penso ad esempio al finanziamento di 600 milioni per gli anni 2018-2033 delle infrastrutture di ricerca). Si può arrivare a fare assunzioni parzialmente finalizzate a specifiche attività scientifiche, perché l’ente le ritiene strategiche, di giovani scienziati di alto livello oppure questo modo di pensare “aziendale” è tabù e non si può dire?

            Invece le persone andate all’estero per non ritornare sono spesso costrette a partire contro la propria volontà. Gli stipendi sono mediamente più elevati (già solo un dottorando MSCA può guadagnare quasi il doppio di me!), ed all’estero in genere non ti offrono il rimborso a partita iva nello spin-off del professore, la borsa di studio cinque anni dopo il dottorato, o amenità simili che ti costringono a partire se vuoi allo stesso tempo fare ricerca e mangiare tutti i giorni. Preferirei un paese che manda all’estero i giovani ricercatori a fare esperienza (magari contribuendo alle spese), ma che poi li aspetta a braccia aperte (e con tante posizioni strutturate) affinché portino qui e non altrove le esperienze, i finanziamenti ed i risultati delle proprie ricerche. Poi possiamo discutere dove risieda l’interesse nazionale nella ricerca (che tu chiami provincialismo) e come si faccia a promuoverlo in modo legittimo.

  6. Ho avuto anche io il piacere di ascoltare l’interessante dibattito che si è svolto ieri al Senato e invito tutti i colleghi a ritagliarsi un pò di tempo per farlo. Ho apprezzato diversi interventi in cui si potevano cogliere le diverse sfaccettature poste dal problema del precariato e dalle possibili soluzioni. Ho apprezzato anche l’intervento di Vito Mocella e per questo non mi trovo d’accordo con le accuse quasi personali che gli vengono rivolte. Non so in che modo sono stati selezionati gli interventi e mi avrebbe fatto piacere anche ascoltare l’attuale rappresentante eletto in CdA, ma credo che chi è stato a suo tempo rappresentante dei ricercatori e nell’ultima tornata elettorale ha raccolto così tanti voti abbia titoli per poter intervenire in un tale dibattito.
    Tornando al suo intervento, credo che Vito sia stato bravo a mantenere il filo del discorso nonostante le interruzioni del senatore Nencini, queste si a mio avviso non pertinenti. Dire che l’arruolamento di un ricercatore dovrebbe avere delle peculiarità e diversità rispetto ad una qualsiasi assunzione nell’amministrazione dello stato non è a mio modesto avviso parlare d’altro, come anche accennare al fatto che l’accessibilità a posizioni di tenure track deve avvenire attraverso criteri di merito stabilmente definiti non è parlare di tematiche estranee al problema dell’audizione. Per cui non definirei un imboscata le critiche rivolte a chi ha diretto male questo ente e alla maniera verticistica con cui viene deliberata la politica scientifica dell’ente. Anche queste critiche sono relative alla piena attuazione della carta europea dei ricercatori di cui ha parlato il presidente nel suo intervento. Infine spero che il tempo sia galantuomo e chi ha sbagliato tra Mocella e Inguscio sulle percentuali relative ai neo assunti provenienti da laboratori esteri abbia il coraggio di ammettere i suoi errori.

    Piergiuseppe De Berardinis
    Rappresentante eletto nel Consiglio Scientifico del Dipartimento di Biomedicina

  7. Caro Piergiuseppe, il paese cambia vorticosamente e forse io sono rimasto troppo indietro, e non riesco ad apprezzare la “politica fatta con l’apriscatole”, riconoscendo al più la “filosofia fatta con il martello”. Da giovane ho avuto l’onore di conoscere e frequentare il cattivo maestro Marcello Cini. Marcello ed i suoi colleghi Jona Lasinio, De Maria e Ciccotti (L’ape e l’architetto, 1976) puntarono lucidamente il dito sulla nudità del re, sul fatto che l’apparente neutralità della scienza nascondesse in realtà tutti i vizi umani e sociali, interessi personali, interessi economici, interessi politici. Una denuncia politica molto più forte di quella di eterodirezione del CNR. Ma la lettera con cui Marcello impedì di fatto che Ratzinger venisse a fare lezione alla Sapienza senza sottoporsi, come si usa tra pari, alle domande dei suoi colleghi studiosi venne pubblicata sul Manifesto, non venne scandita nell’Aula del Senato. Gli “atti politici”, come li ha chiamati Mocella, richiedono un’adeguata cornice politica. Martedì ci siamo trovati, pur virtualmente, nella casa degli italiani, perché questo è (ancora, almeno per me) il Parlamento, luogo denso di significato civile. Siamo stati auditi dalla 7a Commissione permanente come esperti nell’ambito di un’indagine conoscitiva, atto ufficiale del Senato, un atto istituzionale che prevede ovviamente una pluralità di voci ed accenti. Ma in questo caso Nencini non è il senatore del PSI, è il Presidente della Commissione ed agisce come il Giudice in tribunale, il garante imparziale del ruolo dell’istituzione. Se ti dice che sei fuori contesto rispetto all’audizione, ha ragione oltre ogni possibile contestazione. Non ce l’ho con Mocella personalmente, sono rattristato perché difendo il ruolo istituzionale del Parlamento e perché una giornata davvero interessante, come dici tu, meritava una conclusione migliore. Anche alcune delle cose che Mocella ha detto, sulle quali in parte concordo ed in parte mi riservo di argomentare civilmente, avrebbero potuto essere valorizzate nel dibattito senza insistere sull'”eterodirezione”.

    Anche io rappresentante eletto nel CS del DSFTM

    1. Le opinioni, espresse civilmente, sono sempre interessanti. Io ho una visione molto più laica del parlamento: è un luogo di discussione, dove le opinioni, espresse civilmente hanno eguale dignità. In tale contesto io rispetto il ruolo di Nencini ma non per questo ritengo che lui abbia ragione, “oltre ogni possibile contestazione”, questa è una visione molto lontana dal mio modo di vedere il ruolo del parlamento. Ho ritenuto fondamentale informare il parlamento sul fatto che accanto alle risorse, per il reclutamento e per fare la ricerca, occorrono delle regole chiare e adeguate ad uno standard internazionale per poter utilmente impiegare tali risorse. Ho quindi argomentato perché, al momento ciò non avviene e perché il CNR è molto lontano da uno standard internazionalmente accettabile. Il reclutamento non è disgiunto dal finanziamento che si offre a chi si recluta e le regole (Commissioni, criteri, ecc.. ) con cui si effettua il reclutamento stesso. Queste sono specificità del sistema ricerca che non sono necessariamente chiare ai parlamentari e quindi è perfettamente legittimo che Nencini, non essendo un esperto del settore, non colga in prima istanza il legame forte che c’è fra le due cose ed ha quindi percepito un andare fuori tema prima di ascoltare l’insieme del discorso. Ho trovato poi irragionevole che chiedesse a me precisione su un dato che aveva, genericamente, fornito Inguscio e non io e che è palesemente errato. Ho risposto da ricercatore che quel dato, fornito da Inguscio e che io non mi ero preoccupato di analizzare in dettaglio, era certamente errato anche se non ne conoscevo il valore esatto. Credo che chiunque di noi concordi, senza bisogno di conoscere il dato esatto. Ognuno segue l’approccio che gli è proprio, io ritengo che sia il parlamento a dover risolvere il problema dell’eterodirezione dell’Ente perché essa è frutto di una legislazione specifica che ce lo impone, non è un volontà dei ricercatori dell’Ente. L'(etero)-direzione dell’Ente è intimamente legata al reclutamento e quindi non potremo efficacemente parlare dell’una senza parlare dell’altra.

  8. Insisto a dire che ho trovato la giornata interessante e utile anche nella sua conclusione. Come hai spiegato molto bene nella tua metafora, Nencini anche è nudo e per me ha sbagliato a dovere per forza prendere le parti del presidente. Poi sai meglio di me che l’argomento CNR non raccoglie gli stessi interessi per la stampa della visita del papa e il fatto che si metta in discussione la gestione dell’ente a me sembra opportuno (penso siamo d’accordo su molte cose a questo riguardo tranne magari che sulla sede di discussione). Alla fine penso che l’argomento dei precari non abbia risentito di questa differenza di vedute sulla gestione dell’ente e vorrei concludere ribadendo l’auspicio di Patrizia Lavia rivolto a tutti noi di unire gli sforzi per vedere “cosa è realistico fare per un rilancio serio del CNR”.

    Piergiuseppe De Berardinis

  9. Vorrei svolgere anch’io qualche riflessione sul dibattito promosso dalla recente audizione tenutasi al Senato sul problema del precariato e sulla sua risoluzione, SI BADI BENE : auspicata da tutte le persone serie. Esporrò in modo semplice le mie idee, conscio che possono non essere condivise ma ciò non può e non deve giustificare alcuna risposta da haters seriali di social network (cui per altro non sono iscritto). Siamo scienziati e, pur con severità, dovremmo saperci confrontare civilmente. Facile odiare, più difficile e dispendioso proporre.
    Delle spaccature evidenti all’interno del CNR attuale e della necessità di ammetterle e superarle, e non già di strumentalizzarle, ho già scritto, come graziosamente riconosciutomi da Patrizia. Veniamo al dunque.

    MA A NOI TUTTI, COMUNITÀ SCIENTIFICA DEL CNR, COS’È CHE STA A CUORE ? Voglio immaginare l’essere protagonisti in un buon sistema di ricerca, produttivo, riconosciuto e utile. Ogni uomo, una specie animale che si è imposta sulle altre per la sua capacità di organizzazione, ha piacere di far parte di qualcosa che funziona. Ci fa sentire appagati, genera autostima.

    E DI COSA HA BISOGNO UN BUON SISTEMA DI RICERCA ? Di buoni ricercatori, di una buona organizzazione, di buoni finanziamenti, buone strutture e di un buon spirito di squadra.

    PERCHÉ SERVONO BUONI RICERCATORI ? Perché la ricerca è innovazione, è creatività, è eresia, è entusiasmo e non è routine, plagio o amministrazione. Servono curiosità scientifica, amore per lo studio, originalità di pensiero, destrezza e un pizzico di malizia nello scrivere progetti, perizia ad allestire esperimenti, ragionamento e intuizione nell’analisi dei dati, nello sviluppare proiezioni applicative, tenacia nel dargli corso, abilità e costanza nel produrre prototipi, orgoglio nel trovare soluzioni utili alla società, bravura nel divulgarle.

    COME SI POSSONO RICONOSCERE I BUONI RICERCATORI? Mettendo alla prova, nel dovuto periodo di apprendistato, le loro abilità ed il loro ingegno, garantendo loro il massimo sostegno, organizzativo e di stimolo intellettuale, evitando di sfruttarli, di farne utili e obbedienti esecutori. Dall ’articolo segnalato da Patrizia : recognize and nourish outstanding young scientists establishing methods to protect their scientific freedom, enthusiasm and ambitions. Per inciso, la stessa Carta europea pone un limite di pochi anni alla fase di Tutoraggio perché chi è valido sia poi libero di esercitare al meglio la sua professione… because young scientists are the most creative.
    E qui casca l’asino e si acuiscono le differenze tra chi pensa che una selezione per un semplice assegno di ricerca, spesso operata dal team del senior interessato e su poche e modeste candidature, debba poi tradursi nell’ acquisizione più meno automatica di un posto a tempo indeterminato e chi pensa che da qualche parte bisogna pure introdurre un filtro meritocratico, gestito da esperti riconosciuti e neutrali.

    E ora veniamo a due argomenti considerati a mio avviso erroneamente estranei al tema del reclutamento.
    FINANZIAMENTO. Il nourishing dell’aspirante ricercatore e del giovane ricercatore consiste nel rendere loro possibile manifestare tutta la loro potenzialità. Devono quindi operare in un contesto adeguatamente sostenuto da un punto di vista scientifico, economico e strutturale. Non si possono vincolare le future assunzioni a esperienze di formazione maturate in contesti scientifici e finanziari occasionali, monotematici e modesti, caratterizzate da un uso limitato e di routine di poca strumentazione, spesso obsoleta. Per quanto geniali anche le più belle menti hanno bisogno di dimostrarlo concretamente ed è dovere del nostro sistema di individuarle e sostenerle. Più FOE quindi. Una volta selezionate, le belle menti debbono poi essere aiutate ad affermarsi con finanziamenti dedicati.

    AUTOGOVERNO. Parrebbe molto lontano dal tema del precariato ma non è così. Mi avvarrò per dimostrarlo di un esempio non marginale, che ha coinvolto molti di noi e che conosco molto bene : i Progetti Bandiera. Esempio modello di un finanziamento clientelare, ben 1.700 milioni di euro, assegnato su risibili progettualità, a volte nemmeno presentate, ha favorito il reclutamento di tanti precari da parte dei soli consociati. Vanamente reclamai all’ allora vice- presidente Messa l’emanazione di un bando e con esso della possibilità di concorrere lealmente e meritocraticamente all’assegnazione di quei fondi. Forse qualcuno degli esclusi avrebbe potuto provvedere una migliore formazione ai giovani aspiranti scienziati. Ignoro poi quali siano stati i riflessi sulla stabilizzazione di quel reclutamento di massa ma se ci sono stati, come immagino, sono avvenuti in un’unica direzione, quella consociativa. Non credo sia questo un buon modo di pianificare le assunzioni, non credo sia un buon modo di selezionare i migliori. Cosa ha a che fare tutto ciò con l’autogoverno ? Semplice. Se l’assegnazione delle cariche è politica, lo è anche quella dei finanziamenti non competitivi, dispiegata attraverso una oliata catena di distribuzione, che porta a politiche di assunzione discriminatorie, non equanimi e con un danno ancora superiore : la radicata convinzione che il sistema possa solo funzionare così e con quella la sua perpetuazione.
    DB
    PS : Agli scettici, consiglierei la lettura di una novella solo apparentemente distopica dal titolo : Il DNA dell’anima

    1. Caro Diego, il tuo intervento è chiaro e illuminante. L’esempio che fai sul legame autogoverno -> reclutamento potrebbe, purtroppo applicarsi a molti dei fondi attribuiti con modalità top-down, una terminologia elegante per non dire consociativa come più correttamente tu dici. Il problema come detto è a monte, è in chi quei meccanismi ha creato e coltiva gelosamente. E’ chiaro che i giovani che sono associati ai questi progetti consociativi non devono poi pagare sulla propria pelle le colpe di chi li ha reclutati, restando nel limbo del precariato oltre il limite della decenza. Per questo occorrono regole chiare certe e autogoverno, perché queste regole siano applicate al meglio. C’è una cosa che purtroppo non possiamo normare ma che un vero autogoverno potrebbe aiutare a crescere : la vergogna. In un contesto sano le regole possono anche essere molto leggere, perché l’autogoverno presuppone un governo di pari e , fra pari se si è reclutato qualcuno manifestamente inadatto (perché è il proprio allievo, perché il figlio del ministro, poco importa) si è frenati dal senso di vergogna. Se l’autogoverno funziona, altrimenti si è preda della voglia di mostrare il proprio potere che si manifesta anche con lo stile Caligola, senza vergogna.

  10. Cari tutti

    Se dopo aver scritto dei miei commenti, ne viene sistematicamente frainteso il senso, delle due l’una: o chi legge, assegna significati che non esistono, o non riesco a farmi capire (sarà colpa del gap culturale).

    In entrambi i casi, è inutile che continui a scrivere. Termino qui la mia esperienza su “il nostro cnr”.
    Ve lo lascio. E’ tutto vostro!

    A presto

    1. Caro Andrea (ora “Anonimo”), il fraintendimento è un punto di partenza ineliminabile di ogni dialogo, è proprio il disorientamento che esso provoca che poi induce a soffermarsi, ad andare oltre le posizioni di parte e ambire ad una sintesi. Ciò detto, inostroCNR è sempre stato e resterà aperto ad ogni forma dialogo ed ha come unici limiti le offese e la diffamazione, precisazione per nulla astratta poiché alcuni degli amministratori di questo sito hanno di recente testimoniato in un processo per diffamazione avvenuta proprio su questo sito (e prontamente rimossa).

  11. Cari Partecipanti a questo forum,
    credo che faremmo un torto a noi stessi, al tempo dedicato e alle energie spese in modo disinteressato, se lasciassimo morire la nostra contesa dialettica senza trarre qualche conclusione. Non lo facessimo, useremmo malamente il sito messo a disposizione di tutti per discutere di Scienza, quasi ci servisse invece per urticarci a vicenda e senza alcun pro. Dobbiamo anzi essere grati a Giuseppe (Mattioli) che , come ha sempre fatto, ci propone una visione e una interpretazione diversa dello stato delle cose, così da lasciare aperta la porta ad un confronto di idee e di prospettiva. Quanto effettivamente diversa, lo vedremo a breve. Prima però desidero pure sottolineare che se un rammarico esiste è invece quello che siamo in troppo pochi a cimentarci in un’analisi di prospettiva e di rimedio che riguarda l’intera nostra comunità. Pochi, e tolti i due rappresentanti in CSD, gli altri senza delega alcuna, come qualcuno ci ricorda, ma con la nostra libertà di pensiero che non ci può essere addebitata come colpa perché non siamo noi ad avere richiesto quei voti che dovrebbero obbligare chi li ha ottenuti a comunicare con gli elettori, con la base. Come dovrebbe essere evidente noi lo si fa senza alcun interesse personale se non la nobile preoccupazione che il nostro Paese faccia funzionare al meglio il suo principale Ente di ricerca. Chi scrive è ormai vicino alla pensione e trova preoccupante doversi trovare a discutere di un futuro che non lo riguarderà mentre non lo fanno migliaia di giovani colleghi che in quell’ente ci spenderanno i prossimi 20-30 anni. Ciò detto , vediamo quale sintesi trarre dagli interventi svolti. Giusto per non dover ripartire da capo in attesa del prossimo innesco.

    Penso di poter dire che al netto di alcune sciabolate menate giusto per ribadire una reciproca avversità, mi sembra che si possa concludere che : 1. Siamo tutti a favore di un innalzamento del FOE, destinato a dare più ossigeno agli istituti favorendo anche investimenti utili a sostenere un buon apprendistato e le ricerche iniziali dei giovani ricercatori ; 2. Siamo tutti a favore di un superamento dell’attuale sistema di (non)gestione del precariato, operando per avere una programmazione che consenta un ‘entrata in servizio cadenzata e che elimini lo sfruttamento 3. Pensiamo tutti che il periodo di apprendistato post-laurea non possa comportare di per sé alcun credito da far valere per un successivo percorso di assunzione. 4. Siamo tutti a favore del fatto che passato il periodo di apprendistato, coloro che abbiano la bravura e l’opportunità di continuare possano farlo intraprendendo un percorso di tenure-track, le cui modalità sembrano invece differire a seconda delle diverse posizioni. 5. Dovremmo poi essere tutti d’accordo, anche se non ne abbiamo parlato perché l’audizione non affrontava direttamente questo tema, che anche il personale già in servizio da parecchi anni ha il sacrosanto diritto di essere valutato per potere progredire nella carriera. Sono certo che i nuovi entrati lo reclameranno e molto a breve. Se fin qui non mi sono sbagliato, parrebbe a me che 5 punti condivisi non sono poca cosa e rappresentino un passo avanti rispetto alla situazione attuale che ne conta zero. Una base su cui cercare di costruire qualcosa, di muovere qualche passo in avanti.

    Ci sono poi le diversità. Una è certamente legata agli automatismi e alle percentuali di contingentamento. L’altra, la più rilevante ma anche la più ideologica è quella del sistema di riferimento.
    In quanto alla prima, automatismi e contingentamento, si confrontano due posizioni, l’una più magnanima e l’altra più esigente. Lo spartiacque è rappresentato da un diverso peso che si vuol dare al merito, alla sua misurazione e da parte di chi. Devo dire che mi sorprende molto dover trattare ancora questo caposaldo del progresso scientifico, e mi preoccupa molto trovarlo sprezzantemente dileggiato in qualche intervento orale o scritto. Sembra quasi che noi si voglia ignorare di essere entrati , ormai da almeno un quarto di secolo, nella società dell’economia della conoscenza, la KBBE, dove la ricchezza e il progresso sono legati alle idee e non più alla proprietà. Ne consegue che un Paese, una economia sono tanti più ricchi quanto più sono geniali e possono essere geniali e competitivi solo se sono competenti. L’ente di Ricerca più importante del Paese, se a quel Paese vuole essere utile, ha il dovere di selezionare i più capaci, i più meritevoli. Se non lo fa, avrà forse garantito l’occupazione ad alcune persone ma sarà incapace di provvedere innovazione, diventando succube del progresso scientifico degli altri.
    Veniamo ora al sistema di riferimento. C’è chi pensa ad un ruolo chiave della politica e delle sue diverse emanazioni e chi pensa che la scienza deve operare al di fuori del controllo della politica. Io appartengo a questi ultimi e nel tentativo penoso, risoltosi in una disfatta, di raccogliere qualche voto come rappresentante in CSD, avevo pure citato , come programma di impegno, le ultime parole del Galileo di Brecht laddove si pente della sua abiura riconoscendo di aver fatto grave danno alla Scienza. La politica è una meretrice, e lo affermo non da moderno anti-politico, ma gli è che i suoi interessi possono collimare solo sporadicamente e strumentalmente con i veri bisogni della Scienza e i suoi tempi sono straordinariamente inadeguati, tanto più in un Paese come il nostro dove la durata del mandato di un Ministro credo che in media non sia più di due anni. Lo stesso Giuseppe lo ammette implicitamente laddove ricorda che il suo politico di riferimento, e già questo è per me un problema, si è dovuto dimettere. Che si fa ora ? Si aspetta il prossimo ? Ma sarà riferimento di chi? D’altra parte non è detto che l’autogoverno, se mai ci sarà, ci salverà da una gestione settaria, gestita da gruppi di interesse interni a scapito di altri, ma vale la pena di tentare considerati alcuni buoni esempi, come quello dell’INFN, mi dicono.

    Chiudo su una cosa che mi sta molto a cuore, emersa quasi sotto traccia, che mi preoccupa tanto quanto già detto in merito alla meritocrazia : la necessità di una seria esperienza internazionale peri nostri nuovi colleghi, evidentemente e , a mio avviso, incomprensibilmente, non apprezzata. Comincerò con il fare presente quanto l’esposizione ad un paese diverso, ad una cultura , una storia e una tradizione diverse sia ormai diventata la prima necessità, il primo desiderio delle persone qualunque, manifestato in mille modi, soprattutto dai più giovani. Non fanno che parlare di viaggi e di nuove mete. Si può anche nascere a Calusco d’Adda, per dire, esserne contenti e vivere sempre lì magari migliorando la propria posizione sociale diventandone alla fine il sindaco o il podestà, ma sempre a Calusco d’Adda si rimane anche se provvisti della 5G. Il discorso è ovviamente ancor più rilevante per la Scienza. Frequentare buoni laboratori stranieri, cimentarsi in quelle ricerche con l’approccio, la strumentazione, gli stimoli del paese ospitante è una esperienza unica nella sua importanza, per tacere della capacità di evolvere un ottimo eloquio nella lingua Inglese e del paese ospitante. Un grande cimento, una grande opportunità, un grande passo avanti. Vedete, quando mi laureai più di 40 anni orsono (Febbraio 1980) i seniors Universitari presso il cui Istituto avevo svolto la tesi sperimentale mi regalarono un libro che si rivelò fondamentale per la mia formazione. Si trattava del libro : Consigli ad un giovane scienziato, scritto dal premio Nobel Peter Medawar. Il consiglio più importante, ripetuto più volte era che il giovane scienziato dovesse tagliare le sue radici, liberarsi dal condizionamento, anche solo psicologico, esercitato dal suo gruppo originario di ricerca, trovare un argomento di indagine nuovo e suo, diverso da quello della sua formazione. Se segui quel consiglio, diventi indipendente, puoi cercare posti di lavoro e non permetti a nessuno di capitanarti o ricattarti. NO, io non andai negli USA perché costretto dalla fame ma perché, intuito già allora di quale pasta sfruttatrice e gerarchica era fatto il sistema universitario, me ne volli sottrarre. Poi rientrai, per motivi estranei alla ricerca, e mi maltrattarono senza però riuscire nel loro intento , ma questa è un’altra storia e non intendo tediarvi oltre.
    DB

  12. Caro Diego, grazie per la sintesi, sottoscrivo tutta la prima metà. Il resto richiederà tantissimo lavoro, qualora avessimo davvero voglia di farlo assieme, per cui mi limito ad un’unica precisazione doverosa: per una congiunzione astrale veramente improbabile Fioramonti si è trovato a fare prima il sottosegretario e poi il ministro al MIUR. In questa veste ha chiesto a Mario Ledda, con il quale ho dal 2017 affrontato l’esperienza di movimento dei Precari Uniti del CNR, per tutti noi estremamente formativa nel rapporto con la politica e con le istituzioni, di diventare suo consigliere per le questioni della ricerca e degli enti, con un comando a costo zero dato che Mario era già un dipendente della PA. Per tornare un po’ indietro nel tempo, Rino Falcone fece la stessa cosa con Mussi. Un onore, penso io. Ma su questo magari abbiamo visioni diverse. Dato il rapporto di amicizia che ho con Mario anche io ho dato una mano, e ho parlato più volte con Fioramonti di ricerca, e quindi anche di FOE vincolato o “ribaltabile”. “Politico di riferimento” invece sottintende una cessione di indipendenza che non posso accettare, chi mi conosce sa che è così.

  13. quale ex dirigente del cnr devo constatare che non vi è alcun cenno alla necessaria esclusione dell’attuale presidente e del conseguente cambio del direttore generale;il resto sono soltanto o comunque prevalentemente esercizi dialettici privi di ricaduta sulla efficienza amministrativa e scientifica del Consiglio

    1. In realtà il mio intervento, pur restando nel quadro del tema del reclutamento in ricerca e negli EPR in particolare, è stato non poco critico sull’operato dell’attuale presidente, al punto che lo stesso presidente della Commissione mi ha interrotto ed è intervenuto in suo sostegno. I dati che provano come il presidente Inguscio avesse fornito una cifra del tutto fuori dalla nostra esperienza in materia di rientri dall’estero, sono quasi completi e saranno a breve inviati alla Commissione. Al CNR il reclutamento è al di fuori di uno standard internazionale minimamente accettabile. Chi fa ricerca nel CNR non può che preoccuparsene come il principale problema dell’Ente.
      Intanto sul primo punto citato da Diego, l’aumento del FOE; quello su cui tutti siamo d’accordo, la notizia è che il per la prima volta da vari anni il FOE del CNR è inferiore a quello degli anni precedenti. Che in un periodo di recovery funds è segno di come il vertice dell’Ente non abbia saputo mostrarsi degno di conservare né aumentare il contributo ordinario.

  14. A margine della discussione sul reclutamento, vi segnalo che Area Science Park è il primo Ente di ricerca ad utilizzare l’articolo 12-bis riportato sopra per un concorso riservato per due Tecnologi.

    https://www.areasciencepark.it/selections/bando-di-selezione-per-titoli-e-colloquio-a-valere-su-art-12-bis-d-lgs-25-novembre-2016-n-218/

    La mia personale idea è che in futuro il CNR dovrebbe assumere il 50% del personale di ricerca e tecnologico con concorsi aperti (aperti davvero… commissioni sorteggiate, soglie abilitative, criteri di valutazione titoli standardizzati…) suddivisi per aree strategiche, ed il restante 50% con i concorsi riservati di cui sopra. Questi ultimi (circa 80 all’anno visti i numeri medi del turnover) dovrebbero essere ripartiti uno per istituto, con il Direttore che assieme al CdI decide quale linea di ricerca o risorsa tecnologica dell’istituto debbano essere potenziate, con un membro della commissione proveniente dall’Istituto per garantire che la professionalità selezionata corrisponda alle necessità dell’Istituto e gli altri due esterni all’Istituto (anche all’ente, almeno uno) in modo da garantire che tale professionalità rispetti adeguatamente gli standard internazionali richiamati dalla legge stessa.

    1. Mattioli, sappiamo entrambi molto bene che i concorsi per assegni di ricerca – in genere – non hanno nessuna delle caratteristiche elencate per la prima categoria : non sono aperti davvero, non hanno commissioni sorteggiate, non hanno soglie abilitative non hanno criteri di valutazione standardizzati. Se si procedesse come tu immagini, ovvero un doppio binario di accesso, l’uno all’altezza degli standard internazionali ed l’ altro con selezioni da AdR che, per come sono strutturate al momento, non garantiscono affatto gli standard internazionali (come prevede l’art. 12 bis della 218/2016). Questo è un percorso molto diverso da quello del RTB universitario che, mi sembrava, fosse anche per te un riferimento almeno su scala italiana. Rispettare la programmazione degli istituti, come in genere avviene all’università dove l’autorizzazione a bandire un RTB avviene nel quadro di una programmazione votata dall’intero consiglio di dipartimento, dove non solo occorre garantire la presenza del budget da professore associato ma dove, in genere, i vincitori hanno già l’abilitazione da associato che equivale alle soglie di cui sopra. Quando i nostri assegni di ricerca saranno tutti banditi con gli stessi standard, si potrà correttamente implementare la doppia procedura d’ingresso prevista dall’art. 12 bis, proprio come all’università vi è una quota di concorsi riservati agli interni. Al momento però siamo ben lontani da avere questi standard internazionali che la legge richiede, in mancanza dei quali, a mio avviso, gli Enti farebbero bene a non utilizzare la possibilità offerta che, implementata sic simpliciter, rischierebbe di creare ricercatori di serie A e di serie B. Parlo di possibilità perché non ci sono due possibili interpretazioni di quella norma: l’autonomia costituzionale degli EPR (purtroppo per ora solo formale ma non sostanziale) non ne consente un’altra.

      1. Mi sembra che ci sia una qualche sistematica mancanza di comprensione di quello che dico, sarà per come scrivo io, forse…

        I concorsi art. 12-bis sono riservati a tutti coloro che hanno maturato 3 anni di esperienza (come TD o AdR) all’interno dell’ente, ma non sono mere trasformazioni di un contratto a TD o AdR in contratto a TI, sono concorsi competitivi a tutti gli effetti, solo che sono espletati nella forma semplificata (titoli e colloquio), la stessa dei concorsi RTDb dell’università, invece che nella forma canonica (titoli ed esami) prevista dal dpr 487/1994. Magari tutti i concorsi, anche quelli aperti all’esterno, potessero essere espletati per titoli e colloquio! E’ una modifica normativa che più volte ho sollecitato, anche durante l’audizione in Senato del 22/9.
        Il contratto RTDb segue la prassi di essere di norma assegnato per concorso quasi esclusivamente a candidati già in possesso dell’ASN; nulla di tale prassi è scritto nella legge 240/2010 che tali concorsi ha introdotto, che sono concorsi da Ricercatore, non da Professore di II fascia. Tanto è vero che uno dei colleghi universitari durante l’audizione del 22/9 ci ha ricordato che il tasso di trasformazione del contratto RTDb in una posizione da Professore di II fascia è di circa il 90%, quindi i fallimenti sono scarsi ma pur sempre presenti. Nota a margine, l’anno prossimo ci saranno 4000 concorsi RTDb nell’università, voglio vedere se troveranno tutti i relativi vincitori già abilitati oppure se la prassi dovrà cedere il posto ad un certo pragmatismo.
        Che differenza ci sia se un Istituto CNR, che ha consistenza numerica di personale scientifico strutturato in genere paragonabile a quella di un dipartimento universitario, decide di bandire ogni anno un concorso di questo tipo sulla base di una, o magari anche tutte assieme le proprie linee di ricerca, eventualmente rese esplicite nel PTA, ed aperto all’intero ente io non lo so, non ne vedo. Resto favorevole, l’ho detto tante altre volte, all’introduzione di soglie abilitative come prerequisito per accedere a tali concorsi, a tutti i concorsi del CNR, purché basate su criteri freddi e noti a priori. Quando sono stato assunto raggiungevo gli indicatori bibliometrici ASN come professore di II fascia in (almeno) un paio di settori disciplinari di competenza. Altre volte ho sostenuto che passaggi di fascia in tutti i livelli e l’accesso ai concorsi per i passaggi di livello di Ricercatori al II ed al I livello dovrebbero essere subordinati non al conseguimento dell’ASN ma al raggiungimento delle soglie bibliometriche ASN o di soglie specifiche per il CNR, autonomamente stabilite in ciascuna area strategica. Nessuno in questo forum ha mai avuto il coraggio di raccogliere la proposta. Assunzioni “eccellenti” quindi, ma le promozioni…?

        1. Caro Mattioli, preferirei discutere delle metodologie generali e non dei casi particolari: è evidente che il tuo reclutamento avvenuto quando avevi già capelli bianchi non può che essere tardivo, ma è inutile ricordare che nell’emergenza legata alla stabilizzazione sono state reclutate anche persone che non avevano i requisiti (non solo per colpe proprie, è evidente, comunque Inguscio ha riportato in più occasioni il dato del 15% degli stabilizzati che erano “inattivi ANVUR” ovvero non avevano alcun prodotto di ricerca negli ultimi anni. Io non sono in grado di valutare l’attendibilità del dato ingusciano ma se fosse confermato sarebbe preoccupante, visto che parliamo di persone all’inizio della propria carriera, quando la produttività dovrebbe essere massima). Ora stiamo guardando al futuro, capisco quando dici che i concorsi art. 12-bis sono riservati a tutti coloro che hanno maturato 3 anni di esperienza ma se questo lo unisci a quanto hai detto sopra, ovvero che dovrebbero avere dei profili ben specifici visto che devono essere ripartiti per istituto, con il Direttore che assieme al CdI decide quale linea di ricerca o risorsa tecnologica dell’istituto debbano essere potenziate, questo implica concorsi aperti solo in teoria, ma in pratica ristretti a poche unità. E’ pur vero che i concorsi degli ultimi anni, con centinaia di partecipanti, devono essere evitati ma spero che una programmazione efficiente con concorsi regolari lo eviterà in modo naturale. Se dobbiamo adeguarci alle prassi internazionali, allora perché non facciamo un reclutamento tipo quello del CNRS (l’ente più analogo al nostro, a mia conoscenza)?

          1. Caro Mocella, le mie erano proposte basate sull’esperienza personale che ho del CNR e sul modo migliore di applicare i concorsi riservati alla struttura dell’ente. Le proposte si basano sull’idea che abbia ancora un senso suddividere il CNR in Istituti, e che gli istituti del CNR siano i luoghi dove da una parte risiedono le competenze di lungo periodo dell’ente, quelle indipendenti dai progetti di ricerca finanziati che appaiono nei vari PdG, e che vengono trasmesse alle generazioni più giovani, e d’altra parte siano più gestibili (da parte dei CdI eletti dal personale) perequazioni tra le diverse parti in causa in base alla linea scientifica dell’Istituto che i vari Direttori sintetizzano. A questa prima considerazione ne va aggiunta una seconda: l’aspetto competitivo non deve travalicare completamente l’aspetto collaborativo nel nostro lavoro. Applichiamo il “teorema Clerici” del tennis alla ricerca: il campione assoluto (top ten) è imprevedibile, ma nella ricerca di oggi forse il campione assoluto non esiste nemmeno più. Il buon giocatore (top 100) è invece prevedibilissimo, ed il numero di buoni giocatori che una nazione riesce ad esprimere dipende fortemente dalla quantità e produttività degli investimenti in termini di (infra)strutture e reclutamento. Ciascuno dei nostri Istituti ha mediamente circa 100 persone impiegate, che di solo stipendio costano a spanne 5 milioni di euro l’anno di denaro pubblico (più le utenze, etc.). Ammesso quindi che gli Istituti del CNR debbano continuare ad avere una dignità scientifica e non essere solo un contenitore amministrativo (altrimenti chiudiamoli e amen), trovo vantaggioso per l’ente che gli istituti stessi abbiano la possibilità di assumere a TI e per concorso un ricercatore o un tecnologo ogni anno, prendendoli dalla platea di coloro che hanno lavorato per almeno tre anni nell’ente e che abbiano un curriculum compatibile con le attività dell’istituto. Diventeranno “solo” buoni giocatori? Forse, ma potenzieranno un istituto che poi dovrebbe essere valutato nel suo complesso per come riesce a metterli in condizione di produrre. Ho visto bravissimi ricercatori obbligati a prendere servizio in un luogo che non poteva valorizzarli andarsene ASAP. E tanti saluti agli aspetti collaborativi ed alle necessità “aziendali”. A questi concorsi parteciperanno 5-10 persone per una posizione? Magari! Si tornerebbe a ragionare in modo “umano” nei concorsi e la selezione da parte delle commissioni sarebbe più accurata. Bisognerebbe reclutare esclusivamente in questo modo? No, credo che un mix di un 50% del reclutamento fatto in questo modo e di un 50% fatto urbi et orbi su profili larghi possa dare risultati migliori, anche se sarebbe una buona cosa mantenere l’idea che almeno inizialmente (i tre anni previsti dalla legge) anche chi viene reclutato dall’esterno sia assegnato ad un istituto che abbia un maggiore bisogno di potenziamento, compatibilmente con il curriculum del vincitore del concorso. Questo tipo di concorso garantisce una maggiore qualità dei neoassunti ed un maggiore tasso di assunzione di stranieri? Ho i miei dubbi, con i 1800 euro mensili del ricercatore neoassunto perlomeno… La competitività internazionale non si può fare con i fichi secchi.

            Ultima postilla sull’inattività ANVUR di una parte degli stabilizzati. L’ho detto anche altre volte, la legge (Decreto 165/2001) dice chiaramente che le posizioni a termine nelle pubbliche amministrazioni devono servire per attività temporanee e non strutturali delle amministrazioni. Se vieni mantenuto in servizio per questo tipo di attività per più di tre anni, o riassunto per concorso pubblico in modo continuativo, significa che il tuo contributo è diventato strutturale e che quindi ti trovi in una condizione di abuso legale rispetto al contratto di lavoro. La legge esclude che tu maturi un diritto all’assunzione sic et simpliciter dopo tre anni di servizio, ma c’è ampia giurisprudenza che riconosce un indennizzo economico (ancorché insufficiente), e periodicamente si creano le condizioni politiche per campagne straordinarie di assunzioni basate sul fatto che se il tuo contributo è diventato strutturale, e se sei stato comunque assunto con un concorso pubblico, allora è ragionevole che tu venga stabilizzato nella posizione. Si dà quindi una pluralità di casi per motivare l’inattività ANVUR: 1) sei stato assunto con una posizione da ricercatore (tipicamente con AdR, che costa poco) per fare un lavoro da tecnico che non prevede pubblicazione di risultati. 2) Sei stato assunto con una posizione da ricercatore (con AdR o TD) e hai fatto davvero un lavoro da ricercatore ma su un progetto che non prevede la pubblicazione dei risultati per accordi di riservatezza con il committente. 3) Sei stato assunto da un ricercatore scarsamente produttivo che quindi ha messo anche te in condizione di essere scarsamente produttivo o improduttivo al posto suo. 4) Sei stato assunto e mantenuto in servizio per almeno tre anni per nepotismo o per altre motivazioni clientelari pur essendo del tutto incapace, e quindi sei del tutto privo di un curriculum. Siccome le assunzioni a termine portano la firma di un supervisore, detentore dei fondi, e nel caso del TD di un direttore d’istituto che controfirma una relazione di produttività redatta e firmata dal dipendente, in tutti i casi elencati il supervisore (e direttore, ove applicabile) ha agito quantomeno con leggerezza nei confronti sia della legge, che delle buone pratiche di tutoraggio del giovane ricercatore, e dovrebbe incorrere in una sanzione da parte del datore di lavoro. Nei casi più gravi, in cui invece di una leggerezza si tratta di vera e propria malversazione di soldi pubblici, dovrebbe perlomeno essere attivata un’indagine interna per capire se ci sono estremi per sanzioni più gravi, al limite il licenziamento. Oppure smettiamo di fare i concorsi per i ruoli a termine e facciamo solo assunzioni per chiamata diretta, ma allora è necessaria la valutazione ex post del lavoro delle unità di personale a termine, con ricadute tangibili sulla valutazione del supervisore. Non essendo stata fatta alcuna di queste valutazioni, ritengo corretta l’applicazione della stabilizzazione così come la legge ha stabilito che fosse applicata a tutti gli aventi diritto. Se avessi avuto la possibilità di agire illegalmente (c’è stato un parere su questo del Ministero della PA), avrei senz’altro scelto di eliminare per ricercatori e tecnologi la distinzione tra comma 1 e comma 2 e avrei fatto concorsi riservati per tutti senza graduatoria, chi è idoneo viene assunto subito (se ci fossero stati tutti i soldi) e chi non è idoneo non viene assunto.

  15. Come ricordato in precedenza, nel corso dell’audizione Inguscio ha riportato un dato secondo cui i ricercatori rientrati dall’estero, nell’ambito degli ultimi concorsi di assunzione, sarebbero pari a circa il 30%.
    Nel corso della stessa audizione, io ho ritenuto poco attendibile il dato riferito da Inguscio ed il presidente della Commissione mi ha chiesto di fornire un dato preciso in merito, che mi sono impegnato a fornire.
    Ho pertanto contattato tutti i vincitori dei recenti concorsi 368 del 2019 ed è emersa una percentuale di rientri dall’estero pari al 10%.
    I dati completi sono stati forniti alla Commissione e sono reperibili sul sito della stessa e credo che siano di interesse generale, in vista del futuro reclutamento.

    Un estratto dell’audizione in merito a questo punto è su YouTube https://youtu.be/iOu4h1BjWNE

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