CNR

Un sistema di trasmissione del segnale altamente inefficiente favorisce la trasformazione in Ricercatore Massa (RM)

Subtitle: Intramural signal transduction pathway deficiency favors the transformation of independent scientists in mass scientists

Author: Diego Breviario, Ricercatore Indipendente (fino a quando?)

Abstract

Il presente articolo dimostra che la trasformazione del ricercatore indipendente (RI) in ricercatore massa (RM) è dovuta alla presenza di un eccesso di controlli inibitori nel sistema di propagazione del segnale di comunicazione intramurale del CNR.

Introduction

Avevamo precedentemente riportato (Breviario 2020) evidenze della trasformazione in atto da ricercatore indipendente (RI) a ricercatore massa (RM ) associate in modo significativo ad una nuova interpretazione del ruolo del rappresentante del personale (RdP) e delle sue prevalenti interazioni con Direttori (fattori D) e Rappresentanze elette in Dipartimento (RdCSD) o Istituto (RdCdI). Associazioni che in Linea di principio potevano essere ricondotte a una nuova interpretazione del ruolo, a dispetto di dichiarazioni precedenti,[1,2] o al condizionamento di fattori ambientali.

In questo nuovo articolo dimostriamo che una delle cause di questo radicale cambiamento deve essere individuata nel numero elevato di controlli inibitori della comunicazione interna all’Ente che determina l’isolamento del ricercatore indipendente, condizione quest’ultima che, compromettendo la sua normale funzione RF (ricerca finanziamenti), lo trasforma in RM da alimentare solo con il FOE (Fondo Ordinario Enti di ricerca) allineandolo a una forza lavoro di tipo marxiano con la sola funzione di esercizio e non più quella di ingegno. Discuteremo di questo effetto anche nella prospettiva che il ricercatore massa possa essere sostituto da un robot, un essere artificiale, con serie ripercussioni occupazionali e problemi di interfaccia tra le rappresentanze umane e gli androidi.

Sarà questo il futuro del CNR?

Results

Indagini svolte dopo la pubblicazione di un precedente lavoro (Breviario 2020) hanno messo in luce uno stato di grave compromissione nella comunicazione intramurale, quella che si affida alla diffusione dei messaggeri interni per rispondere al meglio alle sollecitazioni esterne. Accade così che il fattore RdP, impedito nella comunicazione a feedback sugli RI, da un processo di silenziamento (gene silencing) che avrebbe luogo nel nucleo SAC, interagisce, grazie ad un serie notevole di funzioni kinasiche, quasi esclusivamente solo con i fattori D il cui ruolo fisiologico è comunque quello di controllare l’attività degli RI che risulta quindi esageratamente repressa.

Un’ulteriore potenziamento della inibizione delle normali attività dei fattori RI va ricercato nella quasi assenza di interazione con i fattori RdCSD che oltre che essere inibiti nella loro funzione stimolatoria dal fattore DIP trovano anche il modo di bloccarsi a vicenda in un curioso meccanismo a feedback a rolling circle, fortemente dissipativo. Questa situazione determina pure l’isolamento dei fattori RdCDI, gli unici a interagire con i fattori RI anche solo per vicinanza sterica (presidi democratici di vicinanza per semplicità), con sporadiche eccezioni (leaky mutations) per alcuni membri della famiglia comunque capaci di interagire con RdP.

Il risultato finale di questo complesso sistema di inefficace comunicazione è lo strapotere di un pathway attivo quasi solo in chiave inibitoria che si traduce in morte programmata dei fattori RI o loro trasformazione-selezione in fattori RM attraverso opportuni meccanismi epigenetici condizionati da ambienti estranei all’esercizio della Scienza.

Discussion

Questo lavoro intende dimostrare che una delle principali cause della trasformazione in atto da RI a RM è certamente da attribuirsi ad un sistema di trasmissione del segnale interno altamente inefficiente che vede il larghissimo prevalere dei fattori negativi dell’espressione degli RI. Solo una mutazione in RM li può salvare dall’estinzione in quanto fattori R strutturali ma tale trasformazione implica un radicale cambiamento della funzione fin qui svolta con pesanti conseguenze sulla libertà di espressione, azione e pensiero, e di reperimento di finanziamenti da progetti esterni. Rimane poi  lo spauracchio della loro possibile sostituzione con automi. Da ricercatore massa ad automa il passo è breve.


FIG 1. Rappresentazione del sistema di trasmissione del segnale vigente oggi nel CNR. Le frecce puntate indicano stimolo, le barre inibizione. L’intensità dei tratti e delle frecce corrisponde all’intensità degli scambi. I tratteggi indicano presenza di segnali leaky, n sta per 5000 unità circa mentre si riferisce ai fondi dei progetti recuperati dal RI. Il quadratino nero in RdCDI indica le effettive interazioni di RdCDI con RdP. La grande freccia a doppia punta segnala lo stato di globalizzazione della Scienza. RI risulta sostanzialmente isolato dal pathway di trasmissione del segnale interno.

Acknowledgments

L’autore ringrazia tutti coloro che gli hanno permesso di riconoscere l’esistenza di plurimi impedimenti  in quella che dovrebbe essere una libera circolazione di informazioni, opinioni  e idee in un Ente di ricerca sano e ben ossigenato con decine di messaggeri interni attivi e interattivi, senza troppe kinasi nè mutazioni leaky. La libertà di comunicazione, senza censure, è uno dei capisaldi del libero esercizio della Scienza e alimenta ogni giorno la libera circolazione di migliaia di articoli, commenti e di opinioni.

References

[1] Risposta alla domanda no. 8 ai candidati al CdA 2019: “Basta con i blog elitari. Creazione di una pagina del CDA nella quale, senza corse inutili a chi arriva prima, si pubblichino, in tempi certi e brevi, i provvedimenti, si spieghi le motivazioni delle decisioni dei singoli consiglieri, si dia la possibilità di interagire a tutto il personale, si racconti come la specifica decisione incide sulla attività delle strutture di ricerca (RdP).”

[2] Vogliamo però testimoniare da subito lo spirito di servizio con il quale mettiamo a disposizione della comunità scientifica del CNR le nostre competenze e l’impegno per rendere concreta la partecipazione dei Ricercatori e Tecnologi alla discussione sugli indirizzi scientifici e strategici dei Dipartimenti, cercando di dare risposte comuni alle questioni che abbiano implicazioni per tutti (fattori CSD, inauguration ceremony).

This is the end my friends (Ref. Jim Morrison, slightly modified).

15 thoughts on “Un sistema di trasmissione del segnale altamente inefficiente favorisce la trasformazione in Ricercatore Massa (RM)

  1. Mi sono già espresso positivamente in altre sedi sul documento di Diego e sui feedback omeostatici da lui modellati. Trovo il suo scritto stimolante e in parte veritiero per quello che riguarda i difetti di comunicazione, l’assenza di un dibattito nella rete e la compartimentalizzazione. Ovviamente altri risponderanno in base ai loro ruoli e alla loro esperienza, io vorrei dire un paio di cose come rappresentante eletto nel CSD di BioMedicina e come a mia volta ricercatore massa. Innanzitutto, che bisogna sempre individuare responsabilità puntuali, che possono dipendere sia dal sistema CNR e/o dal ROF, sia dalle responsabilità dei singoli. Ad esempio se dovessi paragonare il numero delle comunicazioni inviate da parte mia ai colleghi R/T del dipartimento rispetto al numero delle comunicazione che ho ricevuto come ricercatore massa dai colleghi eletti nel CdI del mio Istituto penso che vincerei a mani basse. (Spero che ci siano i colleghi del mio Istituto tra i lettori di questo blog per commentare su questa mia affermazione). La seconda cosa che tengo a sottolineare è che finora il CSD di Biomedicina è stato convocato due volte dal nuovo direttore di dipartimento (Daniela Corda) il 22 Giugno e il 2 Ottobre 2020 (stendiamo un velo pietoso sul precedente direttore Pozzan). Entrambe le volte la comunicazione è pervenuta due-tre giorni prima e mai con un odg ben precisato sui punti da discutere. E’ stato quindi impossibile comunicare alla rete e ricevere input prima delle riunioni. Abbiamo invece relazionato sugli argomenti discussi in entrambe le occasioni. C’è pertanto un ovvio problema dovuto: all’assenza di un regolamento che identifichi i diritti dei rappresentanti eletti nei CSD; all’assenza di canali ufficiali di comunicazione ; alla mancata piena attuazione degli organi di rappresentanza (consiglio scientifico generale e consulta dei rappresentanti). Magari chi segue questo blog avendo fatto parto di gruppi di discussione che hanno redatto il regolamento o partecipa a tavoli sindacali con la dirigenza CNR, potrebbe dirci quali azioni abbia intrapreso e in che modo si possa intervenire su questi argomenti.
    In aggiunta alle riunioni convocate dal CSD di appartenenza ci siamo riuniti tra di noi in modo spontaneo come rappresentanti CSD di tutti i dipartimenti e ultimamente anche in presenza del rappresentante in CdA. Anche in questi casi ho sempre riportato a R/T del mio dipartimento la discussione avvenuta sugli argomenti che abbiamo provato a sviluppare. In tali circostanze abbiamo anche cercato, per dare maggior voce alle nostre iniziative, di elaborare dei documenti congiunti, che per forza di cose risentono delle varie sensibilità presenti nel gruppo. Infine, devo aggiungere, che qualche interazione con RI è avvenuta, che ha visto in un paio di casi anche il coinvolgimento di tutti i RI di un istituto o dei rappresentanti in CdI di un altro istituto. In sostanza posso affermare di non aver interpretato il mio ruolo diversamente da quanto sottoscritto e riportato nella referenza 2 dell’articolo di Diego. Ovviamente non ho interessi personali da difendere e se avvertissi la sfiducia di gran parte dei ricercatori del mio dipartimento sarei il primo a rassegnare le dimissioni.

    Piergiuseppe (rappresentante eletto nel DSB)

  2. Caro Piergiuseppe, è prassi che ogni consesso si doti di un proprio regolamento interno e non è necessario che questo sia previsto esplicitamente da una normativa superiore che, ove esistente, servirebbe a prevedere dei punti fermi, come ad esempio una possibilità di convocazione dell’organo da una parte dei membri. Al esempio il CdA ha un proprio regolamento interno che Nicolais provò a modificare, senza successo, per impedirmi l’opera di trasparenza verso il personale (cf. https://ilnostrocnr.it/2015/12/12/odg-cda-del-16-dicembre-2015/ ). Avete chiesto l’approvazione di un regolamento interno, eventualmente predisponendone una bozza comune fra i vari consigli scientifici di dipartimento ?

    1. Caro Vito,
      certamente lo abbiamo chiesto ma non abbiamo avuto finora ne la forza per ottenerlo ne il supporto del regolamento. Manca ad esempio per il CSD la norma che nel Rof è stabilità per il consiglio d’Istituto:
      i) adotta il regolamento interno per le modalità di svolgimento delle riunioni, in conformità ai principi fondamentali stabiliti dall’amministrazione centrale.

      1. Caro Piergiuseppe non occorre nessun supporto del regolamento. Quella norma del ROF per i CdI è pleonastica: ogni consiglio o assemblea adotta un proprio regolamento interno, altrimenti come procede? Che il regolamento interno, poi, sia conforme ai principi fondamentali della costituzione, dello statuto e dei regolamenti, mi sembra altrettanto pleonastico. In assenza di regolamento, ad esempio, potreste fare ostruzionismo su ogni parere che il CSD deve (dovrebbe ?) esprimere e parlare a tempo indefinito, fin quando vi sorregge il fiato. Non essendoci un regolamento interno, chi può togliervi la parola ?

        1. Caro Vito, non ti capisco. Come fai a stabilire cosa è pleonastico in un regolamento ? Ti ricordo un altro dettaglio ( spero che non sia anch’esso pleonastico) e cioè che lo statuto del CNR (art 12 comma 8) stabilisce che il CSD è convocato dal direttore di dipartimento che ne stabilisce l’ordine del giorno. In questo contesto il ROF d’altra parte stabilisce per i consigli d’Istituto :
          2. Il consiglio di istituto è composto:
          a) dal direttore che lo convoca con cadenza almeno semestrale, ne determina l’ordine del giorno e lo presiede senza diritto di voto; il consiglio è altresì convocato su proposta di almeno un terzo dei componenti;
          (Anche questo non credo sia pleonastico).
          In altre parole io non sarei capace di parlare inutilmente per stancare gli altri componenti del CSD, ma non credo che questo sortirebbe alcun vantaggio. Non so se il direttore sarebbe incoraggiato a convocare altri CSD….. o magari a richiedere pareri e votazioni online……
          Nessuno vuole creare scontri ma solo dotarsi di strumenti utili alla discussione e alla proposizione di problematiche di interesse generale. Stiamo cercando di farlo e molti punti li abbiamo già sollevati pur nelle limitazioni imposte da un regolamento sbagliato o quantomeno inesistente.

          1. Piergiuseppe ma non occorre una norma per prevedere cose che di per sé sono scontate. E’ pleonastico dire che il CSD, come OGNI ALTRO CONSESSO, si dota di regolamento interno. Lo si può fare ma non c’è consesso che possa funzionare senza un minimo di regolamento interno. E’ altrettanto chiaro che il regolamento deve essere conforme a Costituzione, leggi in vigore, Statuto, Regolamenti, in ordine decrescente. E’ quindi pleonastico dire che il regolamento interno del CdI è conforme ad essi. In pratica, poiché lo Statuto prevede che il CSD è convocato dal direttore di dipartimento che ne stabilisce l’ordine del giorno il regolamento interno non potrà che prevedere quanto previsto dallo Statuto, ma potrà poi prevedere altro, non incompatibile con esso e conforme a Regolamento, statuto ecc.. Poiché il presidente convoca il CSD e lo presiede, senza diritto di voto, ci vorrà un minimo di regolamentazione sulla documentazione che perviene ai consiglieri, i tempi entro cui deve pervenire, le modalità di intervento nel consiglio, l’approvazione del verbale ecc.. altrimenti la prossima volta se tu inizi a parlare e non la smetti più, in virtù di cosa il direttore di dipartimento può toglierti la parola ?

          2. ok Vito che ti devo dire hai ragione , è pleonastico ogni regolamento. Purtroppo io non la vedo come te

          3. Piergiuseppe ma non ho detto che il regolamento è pleonastico, anzi. Ho detto che non occorre che sia prevista la sua presenza nel ROF perché prevedere che un consesso si doti di un proprio regolamento è pleonastico, va da sé che ciò accada altrimenti non c’è modo di regolamentare l’andamento del consiglio. Poiché il CSD deve (dovrebbe) votare per esprimere dei pareri come previsto dallo statuto, come si stabilisce, in assenza di un regolamento interno, il numero legale affinché tale parere sia valido ? La maggioranza dei membri più uno, potremmo immaginare, ma non c’è un regolamento. I pareri devono essere assunti con la maggioranza dei presenti o dei componenti ? Cosa accade se la votazione finisce in parità ? Si intende un parere contrario o favorevole? Tutti punti che solo un regolamento interno può dirimere.

  3. Bellissimo articolo e bellissima figura di cui apprezzo particolarmente la presenza del Presidente onnisciente che non ha bisogno di interagire con nessuno

  4. Caro Diego,

    ho sempre apprezzato il tuo stile e la tua grande capacità immaginifica, ma, poiché la forma è contenuto, ho l’impressione che questa volta il tuo approccio rischi di scoraggiare la discussione sul tema che poni che, sia chiaro, è fondamentale.

    Il linguaggio scientifico che hai scelto si riduce infatti ad un espediente retorico quando non supportato da una adeguata discussione metodologica, inducendo una confusione tra l’enunciazione di un assunto e la sua dimostrazione.

    In particolare, quando affermi che la trasformazione sia dovuta alla scarsa comunicazione fai, a mio avviso, una semplificazione eccessiva. Quello che il CNR è oggi è il frutto di almeno vent’anni di sciagurate politiche della ricerca che vanno dal reclutamento alle progressioni di carriera alla distribuzione dei fondi.

    Tu pari alludere ad un dorato passato in cui non era così, in cui le cose erano migliori, a un ente-arcadia in cui pascolavamo felici. A me non sembra ci sia mai stato questo idillio, o almeno non ne ho memoria nei 20 anni che lo frequento. Forse tu, che hai una più lunga consuetudine, potrai confutarmi.

    Certo, è vero, con Vito in CdA abbiamo vissuto una stagione di maggiore trasparenza, alcune sacrosante battaglie nelle quali lui si è esposto in prima persona sono state fatte e non a caso molti di noi hanno sostenuto la sua candidatura. Ma le cose sono andate come sappiamo e dobbiamo registrare che il grande impegno profuso e tutto il lavoro fatto non hanno purtroppo portato a un cambio di rotta, a cambiamenti strutturali e nemmeno a un risveglio della “coscienza di classe” dei ricercatori (supponendo sia addormentata e non assente).

    In parte ciò è dovuto al fatto che non basta una breve stagione a cambiare una lunga tradizione, ma è anche dovuto al fatto che non si è riusciti (non Vito, tutti noi) a costruire una comunità che condividesse la nostra sensibilità e uscisse fuori dalla sua “bolla”.

    Vengo allora ai CSD. C’erano due approcci che potevamo seguire come consiglieri eletti in un organo mai esistito.

    Il primo era mantenere ognuno il proprio retaggio, la propria visione, la propria “appartenenza”. Dando valore al fatto di essere rappresentanti di quelli che ci avevano eletto, portando le loro istanze nel limitatissimo ambito di azione dei CSD.

    Il secondo era cogliere l’occasione, unica nella storia del CNR, di avere un insieme di persone espressione diretta dell’intera comunità e agire in modo da consolidare questo storico risultato. Era l’occasione di dare corpo alla più volte richiamata “consulta degli eletti” (non mi piace il nome perché fa pensare a una setta), che peraltro era proprio uno degli obiettivi che ci si era prefissi.

    Letto in quest’ottica, “il curioso meccanismo a feedback a rolling circle, fortemente dissipativo” assume a mio avviso un’altra valenza, ovvero quella di istaurare una pratica di governance democratica che, questo è l’auspicio, sopravviva ai nostri mandati.

    In altre condizioni, forse, saremmo stati più efficaci, più “responsive”, ma, proprio per le condizioni attuali, sminuire il senso di questo approccio è incomprensibile, oltre che ingiusto.

    Nel corso di questo anno e mezzo, in più occasioni abbiamo espresso in modo unitario posizioni critiche rispetto a quanto avveniva nel CNR (penso alle infrastrutture, alla richiesta di rispetto dei regolamenti nella stesura del PTA, alla gestazione e gestione dei progetti@CNR, per citarne alcuni casi).

    Non era mai avvenuto che una pluralità di voci, legittimate dalla rappresentanza, manifestasse una critica così esplicita.

    E’ stato troppo poco? Ne sono sicuro.

    Siamo stati inefficaci? Probabilmente si, perché nessuna di queste critiche ha prodotto ribaltamenti, ma gli aggiustamenti che abbiamo ottenuto hanno reso cose pessime certamente migliori.

    Ciò che per me conta però è che in tutte queste occasioni siamo riusciti (con non poca fatica) a esprimere pubblicamente una posizione comune di critica nei confronti della gestione dell’Ente. Una posizione che manifestasse il disagio di un’intera comunità. Al di là dei risultati che abbiamo ottenuto, penso che questo modus operandi sia una maniera concreta per “uscire dalla bolla” e iniziare a costruire cose nuove. Mica facile, eh. E magari non ne siamo neanche in grado.

    Questo è l’obiettivo, non di breve periodo, che ci siamo posti, al netto delle ovvie differenze e se vuoi anche costretti dalla debolezza istituzionale della nostra posizione che forse qualcuno sottovaluta.

    D’altro canto, un modo c’è per superare questa debolezza, ed è il costante contatto con la comunità che rappresentiamo. Se questo richiede certamente un ulteriore scatto da parte nostra, è pur vero che la comunicazione è un canale bidirezionale. In questo anno e mezzo, quante mail ho ricevuto dai miei colleghi? Quante telefonate? Quante sollecitazioni? Poche, purtroppo.

    Ovviamente questo non è un modo per scaricarmi da (supposte) mancanze, ma piuttosto un richiamo al significato ultimo della rappresentanza, che si basa sì sull’azione del singolo, ma si alimenta attraverso le continue sollecitazioni che riceve dalla comunità che rappresenta.

    Ecco, allora, che se c’è qualcosa che mi aspetterei da menti vivaci come la tua, non è una descrizione asettica (e, lasciami dire, graziosamente narcisista) dello status quo, che è intellettualmente stimolante per chi già è pronto a raccoglierne le provocazioni cyber-punk, ma piuttosto uno sforzo di immaginazione per trovare modi concreti di risvegliare una comunità e fare sì che essa si senta legittimata e motivata a interloquire con chi la rappresenta.

  5. mentre il C.N.R. è sempre più prossimo al collasso finanziario e funzionale anche per scelte interne all’Ente,non già nella nobile Sagunto ma nella più modesta sede di Piazzale Moro sono effettuate discussioni forse utili ma non risolutive e si omette con volontà pervicace l’unica azione assolutamente necessaria:il commissariamento dell’Ente con contestuale espulsione del duo Inguscio-Brignone dalle loro attuali posizioni e la completa eliminazione del clan in capo al precedente D.G.

  6. Caro Lorenzo , innanzitutto ti ringrazio per il tuo commento e desidero che tu sappia che se oltre al tuo e quello di Piergiuseppe ne piovessero tanti altri, egualmente critici, sarei molto soddisfatto. Avrei ottenuto il mio scopo : tradurre in concreto l’invito che mi fai alla fine del tuo intervento…”risvegliare una comunità e fare sì che essa si senta legittimata e motivata a interloquire con chi la rappresenta”. L’ho fatto in modo irrituale e ora, entrando nel merito dei tanti punti da te sollevati, ti spiego il perché. Andrò lungo ma vedi Lorenzo la discussione il confronto di idee non si possono liquidare in un giudizio lapidario su una persona o in un pollice alzato per un testo. Siamo scienziati e abbiamo il dovere di riflettere e concettualizzare. Iniziamo proprio da qui.
    1. FORMA E SOSTANZA.
    Le mie osservazioni sono state volutamente proposte come un vero articolo scientifico perché io sono uno scienziato, sono responsabile di quel che scrivo e, nel limite delle mie capacità, devo dare contributi originali. Non sono un impiegato in una catena di trasmissione di un servizio e non voglio essere un ricercatore massa che magari un giorno prima di pubblicare dovrà inviare il testo al commissario del popolo (come ho pure visto fare).
    Avevo pur provato, a proposito di risveglio, ad adottare linguaggi più consoni, più convenzionali, come quando sottolineai, in un articolo dedicato ad un ecumenismo di forma, che con l’arrivo di migliaia di giovani colleghi, si stavano producendo due grandi fratture interne all’Ente : una generazionale e una trasversale, con il personale amministrativo che insiste nel non comprendere le necessità del nostro lavoro. E tu fosti l’unico a commentare.
    E’ un articolo e per quanto la forma ti/vi possa sembrare originale mantiene la caratteristica basilare di un contributo scientifico : i dati che riporta sono veri e documentabili. E’ vero che il RdP, per sua scelta, esercita un ruolo che lo separa dal corpo elettorale, i suoi rappresenTati; è vero che il RdP ci fa sapere, attraverso un tuo collega in CSD, che è inibito all’uso di una lista istituzionale per comunicare al personale; è vero che simili pressioni censorie nella comunicazione con il personale rappresentato mi sono state esposte da altri tuoi colleghi di un dipartimento diverso dal tuo; è vero, ed è per altro facilmente deducibile, che altri tuoi colleghi in CSD segnalano come la presenza di posizioni antagoniste fatica a trovare punti di mediazione motivo per cui argomenti divisivi non vengono toccati; è vero che non tutti i CdI vantano quel contatto con il RdP che lui sempre esalta, il mio CdI non ha il piacere di averci mai interloquito; è vero che sono i ricercatori che portano finanziamenti all’Ente tramite i progetti ed è vero, e paradossale, che mentre ogni singolo ricercatore è libero di interloquire liberamente con i suoi colleghi sparsi in tutto il mondo, deve invece rivolgersi alle rappresentanze per farlo con il RdP. Vorrei quindi che al di là della forma si entrasse davvero nella sostanza e venissi smentito o corretto. Questo è un procedimento scientifico che accetto.

    LE RAPPRESENTANZE IL VECCHIO E IL “NUOVO” CNR.
    Il mio personale punto di vista è che ogni persona che ha qualcosa da dire di sensato e propositivo deve poterlo fare senza essere imbracato in una struttura di partito o sindacato del tipo : dal delegato di fabbrica al Comitato centrale. Noi , per usare una terminologia desueta che forse verrà ripristinata, siamo lavoratori dell’ingegno e l’ingegno non lo puoi costringere. Perché l’individuo possa comunicare deve essere prima informato e questa era fino ad oggi la regola di mandato rispettata da tutti gli eletti. Lasciando stare il precedente RdP, che solo a nominarlo ai prevenuti viene l’orticaria e a me danno del fazioso senza riflettere, ricordo che anni addietro i due nostri Rappresentanti in CSG avevano la sana abitudine di riferirci su quanto discutevano ed erano disponibili ad accogliere le nostre osservazioni senza accampare difficoltà di sorta sugli strumenti attraverso i quali comunicare. Questo canale oggi non c’è più o è molto impedito e così accade che pochi individui o addirittura singoli si sobbarchino campagne di informazione o di proposizione che sarebbero state più incisive se appoggiate anche dalle rappresentanze. Mi riferisco a : disavanzo nel bilancio : perché non è dato conoscerne l’entità e le cause ? Eppure tra le soluzioni han ben messo quella di requisire i residui ai ricercatori; sciopero atipico, flussi , scrivanie digitali, buoni pasto e solidarietà ai colleghi IGB ; documento di proposta al MIUR sul nuovo PNR; RACF; appello ad una comunicazione scientifica più accorta e tanto altro. Non solo non si è stati capaci di rafforzare queste iniziative con il sostegno delle rappresentanze ma ho contezza di un confronto svoltosi internamente ai delegati CdI dove si è affossato un documento di appoggio alla lettera dei Direttori inviata al Ministro perché sembrava di togliere loro autorevolezza. In piena crisi finanziaria, ci sarebbe poi piaciuto conoscere l’opinione dell’RdP, e delle rappresentanze sulla questione dei soldi pubblici che il CNR assegna a consorzi con privati e a iniziative come quella della produzione del vaccino anti-Covid che hanno sollevato più di una perplessità (vedi servizio Report e richiesta dimissioni plurime da parte di USB).
    RISVEGLIO.
    Caro Lorenzo mi rimproveri di non fare uno sforzo di immaginazione, ma scusa che debbo fare più di così ? Comunque non mi sottraggo e ti dico : certo si può sempre fare di più. Dipende però se lo vuoi fare e come lo vuoi fare. Puoi organizzare, come è in programma domani, un bell’incontro con i politici cui poni tre domande e ascolti le risposte sul tema , se mi permetti del tutto generico : Qual è il futuro del CNR ? Ma perché loro li conoscono, futuro e CNR? Cosa vuoi che ti dicano? La ricerca è importante, va finanziata, il nostro Paese non può farne a meno, bisogna assumere etc etc e poi ti ritrovi con un Presidente e DG nuovi eletti per scelta politica in senso ampio, e da lì tutta la catena a seguire . Ma si può anche fare diversamente. Da anni chiedo noi si organizzi un gande avvenimento sul quale qualcuno ha voluto metterci il cappello non sapendo bene di che si tratti : l’Assemblea degli stati generali del CNR. In quel contesto non sono i ricercatori ad andare dai politici ma i politici e i media ad andare ad ascoltare i ricercatori così forse si porrà rimedio anche agli scempi comunicativi cui assistiamo giornalmente. Si dovrebbe trattare di argomenti di rilievo che definiscono una comunità scientifica nel terzo millennio, in un mondo in trasformazione che richiede alla scienza risposte adeguate, originali e veloci. Prima i contenuti e poi il contenitore. Non basta assumere ma devi sapere che vuoi fare. I temi si sprecano : vaccini-farmaci- antibiotici, trangenesi, clima, biotech, IA , materiali, transumanesimo, medicina personalizzata, ambiente, economia circolare, educazione scientifica… I contenitori pure : scienza e metodo, scienza e comunicazione, scienza e potere, scienza e futuro, scienza e antiscienza etcc…Il problema è che tutto questo richiede volontà e tempo, due fattori che si eclissano in un più comodo tweet dove magari si liquida il tutto con un pollice alzato o abbassato, come ai tempi dell’antica Roma.
    Approfitto per rispondere anche all’amico Pietro : non liquidare un confronto dialettico, se mai ci sarà, come poco utile. E’ proprio il contrario. Chiedere le dimissioni del Presidente e del DG è di impatto immediato ma se non ti interroghi su cosa vuoi e chi sei, te li ritroverai sotto altre sembianze

  7. Innanzitutto ringrazio sia Diego che Vito per “esserci” sempre e per dispensare generosamente ed instancabilmente informazioni, osservazioni e consigli. La loro presenza è davvero preziosa.

    Nel corso della mia esperienza nel CNR, per lunghi anni ho tenuto duro come RI, fino a quando non mi sono resa conto che la forte deriva RM non poteva più essere ignorata e, anzi, andava combattuta con altre armi e non solo quelle del “bravo ricercatore”.

    A Diego vorrei dire che il suo tentativo di rappresentare gli attori del sistema CNR con un modello tipo signal transduction è pienamente riuscito e, se non fosse tragico, sarebbe addirittura divertente. Vedo il povero RI diventare RM, sotto l’effetto repressivo dei direttori di Istituto, ricevendo degli input da CdI, ma quasi niente da RdPCSD, mentre non gli rimane che rivolgersi al geograficamente più prossimo CdI.

    E’ proprio questo il punto che vorrei mettere in evidenza, anche se per il solo Dipartimento di Scienze Biomediche. Come ha già osservato Piergiuseppe, le richieste di discussione, le idee, gli stimoli provenienti dai colleghi ricercatori e diretti a noi CSD sono stati davvero limitati. Molto più numerose e continue sono le nostre comunicazioni ai colleghi del dipartimento sui temi più disparati: resoconti di riunioni del CSD, nuove attività scientifiche dipartimentali, gestione fondi per grosse apparecchiature, nuove opportunità progettuali e concorsuali, censimento risorse dipartimentali, oltre a solleciti per la urgente condivisione di questioni importanti proprio con i CdI.
    Tante altre nostre comunicazioni sono scaturite da quelle attività congiunte dei 14 CSD eletti, che descriveva Lorenzo, e che hanno riguardato il Piano Triennale di attività, i finanziamenti infrastrutturali, la piattaforma Outreach, i nuovi progetti @CNR, la ripresa del lavoro dopo il primo lockdown etc. Tutte le informazioni che pensiamo possano essere di interesse della comunità scientifica del nostro dipartimento, le diffondiamo, in nome di quella trasparenza e condivisione che rappresentano il nostro obiettivo minimo e ci hanno guidato fin dall’inizio del nostro mandato.
    Purtroppo, i feedback sono stati minimi. Tuttavia, sono fiduciosa che, col tempo, vi possa essere una maggiore partecipazione e che Diego sia presto costretto ad aggiornare il suo modello con alcune frecce bidirezionali là dove mancano ed eliminando il tratteggio là dove occorre!

    A Vito vorrei rispondere sulla questione del regolamento dei CSD, avendone io stessa abbozzato uno e già sottoposto qualche tempo fa agli altri colleghi. L’idea, forse troppo ambiziosa, era di adottarne uno unico per tutti i dipartimenti, e per questo, noi 14 siamo arrivati ad un testo più o meno condiviso poco prima dell’inizio della pandemia.
    Tuttavia, la diversità delle situazioni all’interno dei diversi dipartimenti, sia per composizione del CSD, estrazione culturale, che per risorse, abitudini, impostazione della direzione etc, ha rallentato il processo e penso che imponga delle soluzioni ad hoc.
    D’accordo ad evitare una modifica del ROF in CdA, ma bisogna cercare l’assenso dei singoli CSD, nella speranza che vi sia una piena condivisione con i membri nominati e l’interesse ad addivenire alla stesura di un regolamento. Questa fase emergenziale, combinata con le urgenze che cronicamente si verificano nel nostro ente, non ha giovato al raggiungimento di alcuni obiettivi che ci eravamo posti e che avrebbero dovuto scandire il nostro percorso.

    Inoltre, una parola sulla cosiddetta “consulta dei CSD”: non era ovvio che andasse cosi. Come ha spiegato Lorenzo, colleghi di diversa estrazione culturale, rappresentanti di ricercatori con problematiche diverse, ciascuno con una sua personalità, ideologia etc avrebbero potuto svolgere attività singole e limitate al proprio dipartimento. Invece, da subito si è cercato di combinare le energie, confrontarci e riunirci, favorendo la nascita di un gruppo che, pur rispecchiando posizioni diverse, si è mostrato capace di esprimere pareri condivisi e anche critiche sostanziali nei confronti dei vertici del CNR.
    Ed infine, una proposta. Nel corso di questo ultimo triennio in cui la trasformazione di RI in RM è apparsa sempre più sostanziale, con varie strategie e da varie posizioni nell’ente, in tanti abbiamo combattuto ciò che andava contro il primario obiettivo del fare ricerca.
    Dal lavoro svolto nelle posizioni elettive, alla creazione di websites, mailing lists e gruppi whatsapp, alla redazione di centinaia di lettere ai vertici dell’ente, alle molteplici petizioni con raccolta di firme, alle manifestazioni in strada o in sede centrale, ai numerosi dibattiti con politici sensibili al tema della ricerca, oltre alle interviste stampa o TV, e agli incontri con specifiche commissioni parlamentari. Quali sono stati quelli maggiormente efficaci e cosa si è ottenuto? Se Diego volesse, con la sua chiarezza, benevolenza e rigore scientifico, dare forma e attuazione a questo pensiero, ci potrebbe aiutare a comprendere quale tipo di intervento abbia avuto il maggiore impatto ed abbia sortito i maggiori cambiamenti.

    Maria Patrizia Stoppelli
    CSD, Dipartimento di Scienze Biomediche

  8. Cara Patrizia,
    ringrazio io la tua benevolenza nel dar retta ad una voce fuori dal coro. Non fosse stato per la tavola rotonda cui ho assistito ieri, dove la parola ricercatori ha fatto molta fatica ad uscire, salvo poi ricorrervi per dimostrare oggettive bravure individuali che poggiano sull’ingegno, avrei potuto riconsiderare i tratteggi, lo spessore e la direzionalità di alcune frecce. Ma su questo tornerò, forse in altra sede, in altro contesto.
    Devo infatti rispondere alla tua domanda finale, non esente da insidie, per uno che non fosse intellettualmente onesto e non si trovasse a difendere un principio e non già un interesse.
    Rispondo subito in modo puntuale e poi argomento, che ce n’è bisogno perché le due risposte suonano contraddittorie e ci riportano alla transizione tra RI e RM che noto, dal tuo esordio, non sembra esserti estranea (“deriva RM”).

    Prima risposta : sta proprio in quella caotica serie di iniziative e prese di posizione che tu elenchi nella premessa alla domanda che si è , era ,realizzato l’impatto più importante : la difesa della individualità dei ricercatori, della loro originalità, quella di cui parla la Carta Europea, quella su cui poggiano la qualità e il talento evocati ieri dal ministro, quella che ha dato origine alle ricerche dei due colleghi già citati, quella che provvede decine di milioni di euro al CNR, come detto dal Presidente Inguscio. Una individualità una originalità che vanno tutelate e non represse, imprigionate, gerarchizzate.

    Seconda risposta: un impatto concreto, ottenuto attraverso lo strumento indispensabile di una legge di stato (legge Madia), è stato quello sulla occupazione di ex-giovani colleghi, aiutati ad ottenerlo da un massiccio e doveroso, dato l’argomento, appoggio sindacale. Legge e appoggio che a quelli della mia generazione, e oltre, sono mancati perché la piaga del precariato, almeno egualmente grave, è infetta da lungo tempo. Occupazione quindi, aumento delle risorse umane ma attraverso una modalità che è da chiudere come più volte detto anche ieri alla tavola rotonda perché, e cito : il precariato è nemico della qualità della ricerca (On. Verducci) e.. bisogna chiudere la partita del precariato che soffoca l’innovazione (On. Fioramonti). Sarei tra l’altro stato loro grato se avessero esplicitato meglio il concetto.

    Queste le risposte che ti dovevo, le mie ovviamente. Ora vediamo di chiudere perché, ripeto, su quanto detto ieri conto di ritornare.
    Sembra a me evidente che il CNR non ha solo un problema occupazionale ma un problema almeno egualmente importante di ruolo, di funzione e di strutture e organizzazione che lo aiutino a funzionare per contribuire con la ricerca di qualità al progresso del Paese, nella conoscenza e nella tecnologia. Ha bisogno di intelligenze, di talenti, di pensieri originali, da far emergere e sostenere. Si tratta di caratteristiche che l’individuo massa non possiede per definizione. L’uomo massa è un mediocre nel senso non offensivo ma proprio del termine. La mediocrazia e cito : è un ordine in funzione del quale i mestieri cedono il posto ad una serie di funzioni, le pratiche a precise tecniche, la competenza all’esecuzione pura e semplice (Ref. Alain Deneault) va combattuta. La comunità scientifica non va organizzata in modo gerarchico e la scienza non va sanzionata. Al contrario, dovete parlare con i ricercatori, fornire loro le informazioni, ricevere da queste i loro input e difendere strenuamente le loro prerogative. Non è un compito facile, tanto meno oggi in questa contingenza storico-politica e sociale ma vi siete candidati a farlo.
    Patrizia, questa è ovviamente la mia sola e isolata opinione che comunico perché mi hai sollecitato. Perdonerai la mia presunzione, per altro dai contorni funebri, se mi firmo Leonida.

  9. Credo che ci sia un punto che, nel CNR del futuro, dovremmo analizzare più a fondo: perché la stragrande maggioranza dei ricercatori non chiedono informazioni ai vari eletti né, tantomeno, partecipano ad una qualche forma di rivendicazione dei propri diritti? In parte il motivo è contenuto in quel che Diego illustra: si sono – loro malgrado forse – trasformati in Ricercatori Massa, per l’assenza di comunicazione ma anche per una sensazione generale di non riuscire ad incidere che li porta a chiudersi nei propri laboratori e proseguire la propria attività di ricerca che, in molti casi, è ancheuna passione Questo ovviamente nel caso in cui ci siano fondi, attrezzature non obsolete e volontà di andare avanti. Il problema non è quello dell’espulsione del duo Inguscio-Brignone, come dice P.V., anche perché prima di loro c’erano i Nicolais e i Di Bitetto, per citarne alcuni dei più meritevoli. Il problema è la generalizzata sensazione dell’incapacità di incidere, per cui il ricercatore, sia esso RI o RM, considera inutile spendere il proprio tempo a contattare gli eletti e quindi si concentra su ciò su cui pensa di poter incidere, ovvero sulla propria attività di ricerca (nel migliore dei casi). Senz’altro occorre migliorare la comunicazione e bypassare i vari ostacoli che scientemente vengono posti, in nome di una presunta “rappresentanza” (sindacale o nei consessi dell’Ente) che troppo spesso diventa un modo per filtrare le informazioni. L’informazione, però, dovrebbe essere un mezzo per arrivare all’autogoverno, senza il quale RI o RM non hanno praticamente nessuna possibilità di incidere in profondità.

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