In vista dell’assemblea del 4 c’è una proposta che qualcuno aveva avanzato nell’assemblea del 29 che suggerirei di riprendere. Si era parlato di scrivere una lettera aperta, un documento che illustri perché è naturale per i ricercatori – almeno per non pochi ricercatori di discipline scientifiche e umanistiche – svolgere parte della loro attività a casa. Il fatto è che siamo chiaramente in momento cruciale, nel quale si vanno definendo nuovi stili di organizzazione del lavoro – in generale e nel nostro ambito specifico (come ci mostra il tentativo di irreggimentazione del lavoro agile cui ci stiamo opponendo). In questo momento sarebbe molto importante un’argomentazione pubblica e attenta di questo aspetto: fare capire che il nostro contratto è fatto così non per un privilegio, ma per aderire alle esigenze interne e alle pratiche reali del lavoro di ricerca.
Perché non mettere all’opera un gruppo interdisciplinare (sostanziale mettere insieme scienziati e umanisti, cioè pratiche diverse) per scrivere qualcosa su “come lavora un ricercatore”?
Sarebbe un elemento di riflessione e comunicazione da affiancare alla lotta militante e su cui pure cercare la convergenza con altre organizzazioni (articolo33, USB, Anpri, non so chi altri) che sostengono apertamente questa lettura del nostro contratto.