Taggato: Lavoro agile, telelavoro
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4 Novembre 2019 alle 12:17 #8158p.deberardinis@ibp.cnr.itPartecipante
Vorrei porre alla vostra attenzione la mia piccola esperienza maturata all’interno della RSU di Napoli per raccontarvi il difficile rapporto che alcuni di noi possono avere con il mondo sindacale. A giugno del 2018 mi sono candidato per la prima volta alle elezioni RSU presso l’area di Napoli. Premetto di non essere stato iscritto a un sindacato negli anni passati della mia attività al CNR e di aver colto l’occasione di candidarmi offertami dall’ANPRI attraverso il sindacato FGU per cercare di avere una voce. Avevo infatti maturato la frustrazione del mio ruolo di ricercatore all’interno del CNR e l’idea che fosse giunto il momento di impegnarsi in prima persona uscendo dall’isolamento del mio laboratorio e anticipando di pochi mesi un analoga sensazione che in molti colleghi ha portato all’impegno nel gruppo mobilitazione. Premetto anche che non ricopro e non ho intenzione di ricoprire ruoli attivi all’interno del sindacato ANPRI o FGU ma solo di aver usufruito degli stessi per partecipare in qualche modo alla vita dell’ente. Sorprendentemente sono risultato eletto nonostante i miei colleghi ricercatori solitamente snobbano la partecipazione a questo genere di elezioni, e ho partecipato speranzoso alle prime due riunioni indette dalla RSU e che hanno riguardato l’approvazione di richieste di telelavoro. Nel corso della seconda riunione ho fatto presente che questo strumento lo consideravo superato e che l’applicazione della direttiva del lavoro agile avrebbe portato ad un risparmio per l’ente e ad un allargamento della platea dei colleghi che avrebbero potuto usufruire di un analogo strumento. Ho prodotto con Gianpaolo Pulcini un documento che vi allego e ho chiesto ai colleghi della RSU in quota CGIL, CISL e UIL di pronunciarsi su questo documento. Questa richiesta risaliva a novembre del 2018.
Da allora non ho avuto risposta e non sono stato più convocato per una riunione della RSU.
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20 Novembre 2019 alle 9:03 #8231patricia.iozzo@ifc.cnr.itPartecipante
Esprimo solidarietà al collega Piergiuseppe e sottoscrivo la sua richiesta in tema di lavoro agile.
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20 Novembre 2019 alle 11:55 #8233andreassi@ifc.cnr.itPartecipante
Grazie Piergiuseppe per l’informazione. Un assordante silenzio e fastidioso comportamento. Condivido la tua proposta e documento
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20 Novembre 2019 alle 13:26 #8235ChiccaPartecipante
Esprimo solidarietà a Piergiuseppe e condivido la sua proposta.
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20 Novembre 2019 alle 13:46 #8236Sabino MaggiAmministratore del forum
Condivido anch’io quello che propone Piergiuseppe.
E già che ci siamo, mi piacerebbe conoscere i criteri in base ai quali l’amministrazione stima il costo di una postazione di telelavoro, perché le cifre riportate nel documento allegato sembrano buttate lì a caso e non riflettono i reali prezzi di mercato, contribuendo a ridurre il numero di potenziali beneficiari dell’opzione.
E poi, che significa “costo medio di una postazione”? Che se sei al primo livello ti danno un portatile più prestante anche se ti limiti a scrivere documenti con Word, mentre magari all’amministrativo di settimo livello che deve stampare tutto il giorno danno un catorcio di stampante?
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21 Novembre 2019 alle 13:30 #8243michela.rial@ifc.cnr.itPartecipante
Ho un contratto di telelavoro e confermo che l’applicazione del “Lavoro Agile” rappresenterebbe veramente un salto di qualità oltre che un passo verso il buon senso. Grazie Piergiuseppe per avere sollevato la questione!
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21 Novembre 2019 alle 21:05 #8244gtripepi@ifc.cnr.itPartecipante
Piergiuseppe hai tutto il mio sostegno.
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22 Novembre 2019 alle 9:45 #8246ceciliaPartecipante
Ti ringrazio anch’io per avere sollevato la questione. L’introduzione dello “smart working” rappresenterebbe davvero un traguardo importante per tutti i lavoratori del CNR. Naturalmente condivido anche io il documento che hai presentato e mi auguro che questo tema venga affrontato al più presto.
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22 Novembre 2019 alle 11:08 #8248p.deberardinis@ibp.cnr.itPartecipante
Grazie per il sostegno e sopratutto per aver sollevato l’attenzione sul lavoro agile. Questa problematica era condivisa dall’ex rappresentante in CdA Vito Mocella e a conoscenza del CdA. Nei prossimi giorni informerò anche il nuovo rappresentante in modo che nessuno faccia finta di non sapere.
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9 Marzo 2020 alle 0:51 #8457Vito MocellaModeratore
In tempi non sospetti e cioè nell’ormai “lontano” dicembre 2018 (cf. punto 9.2 del resoconto del CdA dl 18 dicembre 2018 ),
motivando il mio voto contrario all’accordo sul telelavoro chiesi all’amministrazione come mai si fosse preferito continuare con l’obsoleto telelavoro, per altro oneroso per l’Ente, quando la normativa del telelavoro 56k era ormai superata dal lavoro agile.
Come riportavo nel resoconto, il vertice amministrativo all’epoca ignorava l’esistenza stessa della normativa sul lavoro agile.
Eppure, facevo notare all’amministrazione come il lavoro agile fosse già previsto nel contratto per Ricercatori e Tecnologi, anche se disatteso in alcune realtà dell’Ente. Sarebbe dunque bastato semplicemente estenderlo ai livelli IV-VIII, con gli accordi individuali previsti dalla normativa del lavoro agile.
Questo è quanto ha fatto un Ente a noi vicino, l’INFN, che ha emanato nel giugno 2019, un disciplinare di lavoro agile per i livelli IV-VIII, visto che gli altri – come detto – lo hanno già all’interno del contratto.
Va notato che il disciplinare dell’INFN non prevede alcuna restrizione per i buoni pasto.
Nel febbraio 2019, agli obiettivi del DG ne è stato aggiunto uno sull’attuazione del lavoro agile , che purtroppo è restato lettera morta, fin quando l’emergenza Sars-CoV-2 ha riportato d’attualità l’argomento.
Purtroppo, il ritardo accumulato sul tema non ha consentito all’amministrazione, spinta dall’emergenza, di affrontare il lavoro agile nella sua straordinaria semplicità.Credo quindi che occorra riaprire la discussione avviata da Piergiuseppe De Berardinis, anch’essa in tempi non sospetti, per avviare la discussione all’interno della comunità e aiutare tutti i colleghi, che hanno dubbi e perplessità, sulla corretta applicazione del lavoro agile.
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9 Marzo 2020 alle 11:29 #8460lorenzocroccoPartecipante
Le modalità con cui è stato pensato il lavoro agile sono incomprensibili alla luce del contratto per R&T, come vincolare alle 7:12 e alla fascia 8-19. Per questo molti di noi all’IREA hanno deciso semplicemente di autocertificare a fine mese l’attività svolta fuori sede (a casa in questo caso) esattamente come prevede il contratto.
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9 Marzo 2020 alle 11:27 #8459p.deberardinis@ibp.cnr.itPartecipante
D’accordo con Vito su tutto ciò che ha ribadito. Confermo di avere informato mesi fà l’attuale rappresentante in CdA. Mi ha detto che avrebbe studiato l’argomento. Siamo in attesa.
Colgo l’occasione di questa chat inoltre per dire che trovo grave come sottolineato da Vito in altra sede che l’unica azione dell’Ente è stata quella di invitare i lavoratori a stare a casa e a non cercare con ogni mezzo a sua disposizione di dare una mano al paese in questo momento cosi difficile. Nel mio ma anche in altri dipartimenti ci sono competenze ed energie che potrebbero essere messe a disposizione della comunità in varie modalità sia di azione sul territorio sia di corretta informazione scientifica. Io personalmente ho aderito al “Patto per la Scienza” il cui sito web nella prima settimana di marzo ha registrato 3.894.365 accessi . Significa che tante persone capiscono il ruolo che la scienza e gli scienziati possono avere in questo difficile momento. Forse non lo ha ancora capito il CNR. -
9 Marzo 2020 alle 11:36 #8463Sabino MaggiAmministratore del forum
Perché ormai il CNR è gestito da una banda di burocrati ai quali interessa solo gestire la sovrastruttura amministrativa dell’Ente, della ricerca non gliene importa un fico secco.
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9 Marzo 2020 alle 11:49 #8464Sabino MaggiAmministratore del forum
L’assenza di una qualunque comunicazione, idea o proposta su questo tema, nonché su come gestire questi giorni difficili, da parte del nostro (nostro?) rappresentante in CdA è sintomatica.
Però ieri era al lavoro per “analizzare” il nuovo decreto (https://www.facebook.com/ilCNRdiTUTTIofficialpage)… -
9 Marzo 2020 alle 12:48 #8467gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Anche a Lecce stiamo usando la stessa procedura descritta da Lorenzo Crocco. Inoltre, iniziano (finalmente) ad affiorare molte perplessità sul nostro nuovo rappresentante in CdA e sulla sua assenza (quasi totale) di comunicazioni al personale. Anche che ha deciso di votarlo sta iniziando a farsi domande..era ora!
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9 Marzo 2020 alle 12:52 #8468Sabino MaggiAmministratore del forum
Sarebbe stato meglio valutare prima a chi davano il voto, piuttosto che pentirsi dopo.
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9 Marzo 2020 alle 13:48 #8471gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
È proprio quello che sto facendo loro notare…
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9 Marzo 2020 alle 20:19 #8472pamodeoPartecipante
Testimonianza dall’ICB (Pozzuoli): qui abbiamo il problema del direttore, appiattito sulle posizioni del DG che (dice) avrebbe ribadito ieri l’interpretazione restrittiva della (fu) circolare 32/2017 (quella del parere ARAN) in relazione all’applicazione del lavoro fuori sede presso il proprio domicilio.
A quest’ultima continuava a richiamarsi anche la circolare 16/2019 (quella della (parziale) “retromarcia di Roma”), nonostante essa ne smentisca sostanzialmente vari punti fondamentali (un esempio per tutti, la “motivazione” del lavoro fuori sede, indispensabile e fondamentale nella prima, scomparso nella seconda), dimostrando così che la 16/2019 non si limita ad annullare la 9/2019.
Dopo la 16/2019, ora, sebbene limitativo persino per i livelli IV-VIII, la disposizione sul lavoro agile intacca un altro caposaldo dell’attacco al lavoro domiciliare della 32/2017, l’impossibilità a livello di norme anti-infortunistiche ed ergonomico del lavoro a casa.
L’altro caposaldo, l’esistenza di forme alternative di lavoro a casa, oltre a risultare assurdo per la natura e l’ambito applicativo completamente diversi di tali forme, si poggia sull’assunto, totalmente gratuito e già smentito dal fatto di citare almeno due forme alternative che coprano tale forma di attività, che non ne possano esistere più d’una, valide in casi e/o per dipendenti diversi, un po’ come dire che, visto che esistono le ferie, per i livelli I-III non sia applicabile il riposo compensativo!
In ogni caso, la situazione del nostro istituto è la seguente:
avendo indicato sia per i giorni di giovedì e venerdì scorsi non coperti dal lavoro agile, sia per il periodo previsto da quest’ultimo “lavoro esterno” presso il proprio domicilio, la segretaria, su indicazione del direttore si è rifiutata di inserire tale indicazione su EPAS. Dopo intercorse comunicazioni telefoniche e via email con entrambe, abbiamo appreso del suddetto appiattimento alle indicazioni del DG ribadite ieri.
Essendo stati anche invitati a non creare problemi in un momento difficile (invito che andrebbe rigirato a lei e al DG del CNR, che avrebbero potuto applicare le condizioni previste dai contratti vigenti ai livelli I-III, adeguando a queste quelle degli altri livelli), abbiamo deciso di comunicare al momento, ai sensi della circolare 16/2019, il solo “lavoro esterno”, riservandoci di integrare a fine mese con l’autocertificazione le informazioni, indicando la sede casalinga e le altre info richieste su tipologia e orario delle attività.
A questo, punto, però, riteniamo sia utile capire come si potranno evolvere le cose negli istituti in cui si verificano condizioni simili, come sia meglio affrontare la cosa e, soprattutto, come sia meglio procedere per affrontare il problema una volta per sempre. Ovviamente, competenze giuridico-amministrative saranno strategiche, come anche l’esistenza di una base condivisa e coordinata.
Veniamo al tasto dolente degli assenti: 1) molti colleghi, anche interessati a soluzioni alternative a ferie e lavoro agile, si sono tirati indietro non appena sentito odore di complicazioni; 2) i sindacati confederati, pienamente appiattiti e cofirmatari dell’obbrobrio “lavoro agile in salsa CNR”, che tra l’altro ci invitano a “non creare problemi” (hanno condiviso anche le strategie difensive?) e semmai, autocertificare “creativamente” (termine mio, lascio a voi la formulazione originaria, tra l’altro anche questo suggerito, per corrispondenza di amorosi sensi, anche dalla nostra direzione); 3) il rappresentante del personale nel CdA: prima di rivolgersi a “Chi l’ha visto”, potrebbe essere il caso di inviargli una lettera congiunta a firma multipla con la richiesta di informazioni approfondite sulla gestione dell’emergenza (è abilitato come i direttori ad accedere alla mailing list covid19), con particolare riguardo ai punti emersi in questa sede e in altre circolate ad opera anche di altre sigle sindacali, e, più in generale, per conoscere la sua posizione sull’applicazione dei contratti esistenti e sulla sua intenzione di perorarne l’applicazione senza interpretazioni “creative” da parte di soggetti non autorizzati (ARAN, DG,…).
Pietro Amodeo -
9 Marzo 2020 alle 21:34 #8473pamodeoPartecipante
In risposta all’intervento di Piergiuseppe De Berardinis (9 marzo ore 11:27) sulla possibilità di “dare una mano al paese in questo momento cosi difficile”, ritengo che, pragmaticamente, occorrerebbe fare ciò che stiamo provando a realizzare da qualche mese in Campania per la divulgazione, cioè una rete tra gli istituti (o anche magari tra i soli gruppi o persone interessati), per poi provare da una lato a proporsi/confrontarsi con interlocutori esterni, e dall’altro a proporsi (leggi: imporsi) come riferimenti per Roma, che a livello di coordinamento di risorse risulta nel migliore dei casi assente, altrimenti intrusiva/burocratica (leggi progetti con limite di proposte a guida CNR, dipartimenti,…).
Dato il risultato iniziale del coordinamento per la divulgazione (per ora sono stati coinvolti tutti gli istituti e stiamo coordinandoci bene per i principali eventi previsti, coronavirus permettendo, per il 2020 ed oltre), sono più ottimista che nel passato sulle possibilità di realizzarlo. Per il salto successivo, aspetto i risultati per esprimermi.
Penso che istituire “gruppi di supporto per unità di crisi” nei principali campi a rischio del nostro paese (azzarderei: sismico/(idro)geologico, ambientale/gestione rifiuti, sanitario, patrimonio culturale) potrebbe essere un’operazione valida, e che tali gruppi potrebbero proporsi come interlocutori a differenti istituzioni (regioni, ministeri, ASL, Protezione Civile), assicurando una capillarità di competenze e diffusione territoriale non eguagliabile in Italia. -
10 Marzo 2020 alle 10:36 #8474gioluPartecipante
Allucinante, a dir poco allucinante
2) i sindacati confederati, pienamente appiattiti e cofirmatari dell’obbrobrio “lavoro agile in salsa CNR”, che tra l’altro ci invitano a “non creare problemi” (hanno condiviso anche le strategie difensive?) e semmai, autocertificare “creativamente” (termine mio, lascio a voi la formulazione originaria, tra l’altro anche questo suggerito, per corrispondenza di amorosi sensi, anche dalla nostra direzione); 3) il rappresentante del personale nel CdA: prima di rivolgersi a “Chi l’ha visto”, potrebbe essere il caso di inviargli una lettera congiunta a firma multipla con la richiesta di informazioni approfondite sulla gestione dell’emergenza (è abilitato come i direttori ad accedere alla mailing list covid
se avevo qualche dubbio sul decidere a quale sindacato iscrivermi mi si e’ totalmente schiarito
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10 Marzo 2020 alle 10:37 #8475gioluPartecipante
nel senso che condivido al 100% quello scritto da pamodeo
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10 Marzo 2020 alle 11:12 #8476Vito MocellaModeratore
Autocertificazione : DIRITTI e DOVERI
Credo sia il caso di analizzare alcuni punti emersi nella discussione, sia su questo forum sia in messaggi privati, circa i diritti ed i doveri previsti dal contratto sul punto dell’autocertificazione del lavoro fuori dalla sede di lavoro.
Il contratto prevede che:
• l’attività fuori sede non è soggetta a limitazioni geografiche :
o Può essere svolta in qualsiasi luogo, INCLUSA LA PROPRIA ABITAZIONE, anche se è essa è fuori dal comune dove si trova la sede di lavoro, non si configura come missione.
• l’orario di ricercatori e tecnologi non si correla ad una presenza giornaliera;
• l’autocertificazione non è né preventiva né soggetta ad autorizzazione;
• l’attività fuori sede non può essere soggetta a limitazioni se non per ineludibili motivi organizzativi;Neanche il parere dell’ARAN, che è un parere di parte e vale tanto quanto il parere giuridico presente sul sito di Articolo33 (http://www.articolo33.it/documenti/parere_pro_veritate_%20ART.%2031%20CNR.pdf), si spinge a dire che esso non è consentito ma si limita ad “esprimere perplessità” circa il lavoro presso la propria abitazione, senza per questo fornire alcuna motivazioni giuridica.
Il presidente Conte, nella conferenza stampa di ieri, ha ribadito che l’autocertificazione è una prassi ormai consolidata nel nostro paese ed ha ricordato le conseguenze, anche penali, di una dichiarazione mendace.
A questo dovere si affianca un diritto: laddove nl nostro odinamento è prevista l’autocertificazione la Pubblica Amministrazione non può rifiutarla, senza incorrere a sua volta in conseguenze penali.
In Sintesi, se è prevista l’autocetificazione (come nel caso del nostro CCNL art 58)
L’autocertificazione DEVE essere VERITIERA (dovere di chi la presenta);
L’autocertificazione DEVE essere ACCETTATA (DOVERE di chi ha riceve);
La veridicità dell’autocertificazione PUO’ essere verificata a campione, ma non rifiutata. -
11 Marzo 2020 alle 16:15 #8491fedePartecipante
Il problema è che ci si rivolge in modo generico ed ambiguo “al personale”, come se non esistessero differenze tra ricercatori (scusatemi se escludo i tecnologi che per la maggior parte, almeno secondo la mia esperienza, svolgono attività di natura amministrativa) e altre tipologie di dipendenti. In questo modo non ne usciremo mai! Avete notato che nel modulo per la richiesta di lavoro agile è scritto “prestazione lavorativa” e non “attività professionale”? Vuol dire o che conseguire lauree ed eventuali specializzazioni per i nostri vertici non significa nulla, oppure che quel modulo non è diretto ai ricercatori. Mah, è veramente imbarazzante l’ostinazione ad appiattire invece che valorizzare le differenze.
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11 Marzo 2020 alle 16:29 #8492gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Esattamente Fede, per la nostra amministrazione (appunto) facciamo tutto lo stesso lavoro. Anche a livello locale ancora mi viene chiesto (rinfacciato) “ma perchè noi dobbiamo timbrare e voi no??”.
Questo è il livello e questa è la situazione creatasi per la mancata chiarezza dell’amministrazione centrale.
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11 Marzo 2020 alle 17:19 #8493gioluPartecipante
purtroppo molto spesso sono i ricercatori stessi a non rendersene conto.
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11 Marzo 2020 alle 18:35 #8494fedePartecipante
Dal comunicato odierno del Presidente si evince che tutte le restrizioni imposte dai vari direttori e amministrativi sono solo frutto di inconsapevolezza, è evidente che il lavoro agile vada svolto da casa! Qualcuno da me ha anche paventato l’impossibilità di svolgere il lavoro agile a partire da date diverse da quelle di attuazione del decreto…veramente una fantasia galoppante che dovrebbe essere incanalata in attività molto più proficue del puro ostruzionismo! Il presidente parla anche di un indirizzo mail appositamente istituito, voi ne siete a conoscenza?
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12 Marzo 2020 alle 19:54 #8498fedePartecipante
Voglio raccontare le peripezie affrontate prima di giungere all’agognata autorizzazione di lavoro agile. Inoltro la domanda stamattina, insieme all’informativa inail pure sottoscritta e alla copia della carta d’identità. Naturalmente non era necessario nulla di tutto ciò in base al D.l. n.6 del 23 febbraio 2020 e relativa direttiva 1/2020 del Ministero della PA, ma il direttore lo richiedeva esplicitamente. Eppure non è bastato: la segretaria non visualizzava la mia firma sul pdf dell’informativa e, dunque, mi ha fatto perdere tre ore di lavoro per convertire e riconvertire il file più volte affinché potesse visualizzarla anche lei. Tutto ciò nonostante le avessi inoltrato la suddetta direttiva N, 1 del ministero che parla di concessione del lavoro agile con modalità “semplificate e temporanee”. Sarà per questo che il DG ha inviato in serata un’ulteriore nota specificando che basta una semplice e-mail? Comunque il direttore ha diramato anche un modulo per la comunicazione dell’orario di lavoro su base settimanale.
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13 Marzo 2020 alle 9:53 #8499Vito MocellaModeratore
Cara/o Fede, ma perché non ti sei limitata/o ad autocertificare a fine mese l’attività svolta presso il tuo domicilio, evitando in tal modo le peripezie che c racconti?
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13 Marzo 2020 alle 10:01 #8501fedePartecipante
Ciao, Vito. Sono in malattia per infortunio dal 22 febbraio, dunque ho dovuto preparare la richiesta da casa
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13 Marzo 2020 alle 10:08 #8502fedePartecipante
Il modulo di autocertificazione originario riguardava solo il lavoro agile, che io ancora non ho svolto.
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13 Marzo 2020 alle 9:58 #8500fedePartecipante
Buongiorno a tutti. Stamane è arrivato un nuovo modulo in sostituzione di quello diramato ieri. Si tratta di una dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto di notorietà (meglio abbondare)su base mensile, con i soliti ammonimenti (in caso di dichiarazioni mendaci etc.) seguiti da una tabella a 16 righe e 3 colonne (data, orario svolto dalle… alle, totale ore svolte). A parte il fatto che se non sapessimo da soli come fare un’autocertificazione dovremmo certamente cambiare mestiere, ma cosa significa il fatto che ci sia una sola colonna per indicare l’orario di servizio? Dobbiamo forse rinunciare ad eventuali pause, dal momento che secondo il DG non ci spetterebbero i buoni pasto? Mah, che confusione!
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13 Marzo 2020 alle 11:45 #8503Oliviero TalamoPartecipante
Cari colleghi, seguo quando posso la discussione, essendo in malattia post-ricovero per un piccolo intervento.
Vorrei aggiungere una breve considerazione relativa a lavoro agile e ricercatori, di seguito alle specificazioni di Vito su autocertificazione.
A me risulta che il “lavoro agile” è una modalità di lavoro che non riguarda i ricercatori, che già hanno “l’autonoma” gestione del proprio orario e della propria attività (ci configuriamo un po’ come “professionisti”), con l’unico ovvio vincolo di compatibilità con le limitazioni strutturali/organizzative dell’ente.
Cito dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (v. Legge n. 81/2017 per dettagli):
“…Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività. …”
Dunque Il lavoro agile è una modalità che riguarda dipendenti con vincoli di orario e presenze giornaliere: quindi adatto a tecnici/amministrativi, ma assolutamente no a ricercatori, che hanno già l’autonoma gestione.
Mi fermo per motivi “fisici” per ora, volevo solo innescare il ragionamento su quest’aspetto e sollecito l’intervento di qualche collega esperto di diritto (in particolare di diritto del lavoro).
Saluti a tutti-
13 Marzo 2020 alle 12:29 #8504pamodeoPartecipante
Ottimo! Mi pare che Oliviero abbia colto il senso del dibattito che stiamo provando ad alimentare. Il punto NON è stare dietro alle cervellotiche interpretazioni del lavoro agile che provengono dal CNR, MA mettere un punto fermo sul fatto che per il livelli I-III il lavoro è GIA’ “agile” per contratto.
L’appiattimento delle posizioni dei vari livelli è già portato avanti con troppa determinazione da ente e sindacati confederati per poterci permettere di cadere nella trappola della discussione di come si debba intendere/applicare il lavoro agile per/a i livelli I-III!
L’ente avrebbe dovuto evitare complicazioni e perdite di tempo, giusto estendendo temporaneamente il regime vigente per i livelli I-III agli altri livelli, ed aggiungendo solo una regolamentazione “light”, necessaria in virtù del punto critico: “accordo tra dipendente e datore di lavoro” citato da Oliviero, che da un lato dimostra e conferma come questa modalità non riguardi i livelli I-III, dall’altro richiede un (possibilmente minimo) livello di regolamentazione per gli altri livelli (ma senza ovviamente implicare carichi burocratici, vessazioni, limitazioni e privazioni, come invece realizzato dal “lavoro agile in salsa CNR”, perdipiù a differenza di altri enti).
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13 Marzo 2020 alle 12:50 #8505gioluPartecipante
Sono al 100% in accordo com pamodeo. La cosa grave e’ stata che gli altri sindacati si siano resi “parzialmente conto di questo solo nell’ultimo comynicato in cui scrivono cito testuale “Non si comprende se siano stati messi dei limiti all’orario di lavoro aidipendenti (RICORDIAMO CHE PER I R&T TALE LIMITAZIONE NON E’PREVISTA!!)”. Ma scusate poi, invece di essere un’occasione per mostrare che proprio questa autonomia non turba il mondo del nostro lavoro lavoro, andiamo a rincorrere verso il basso come scrive giustamente pamodeo con appiattimenti di posizioni verso i vari livelli? Ma per ipotesi, vi immaginate la stessa cosa all’università? Con i sindacati che dicono ai professori, non facciamo inutili distinzioni timbriamo tutti il cartellino? Cosa dobbiamo fare per far capire che il lavoro che facciamo è strutturato in modo molto diverso da un mero conto orario?
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13 Marzo 2020 alle 15:07 #8507Vito MocellaModeratore
Giusto per fornire a tutti un conforto “esterno” alla lettura del contratto -che per noi è evidente- allego quanto ha scritto al personale il presidente dell’INFN lo scorso 10 marzo (grazie G. Pulcini per la segnalazione). Sottolineo in particolare il passaggio: “Si raccomanda ai Direttori interessati per il restante personale di promuovere la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario, di ferie o di ore in esubero oppure di attuare la modalità di lavoro agile per il personale IV-VIII e di attività fuori sede per il personale I-III.“
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13 Marzo 2020 alle 16:33 #8508fedePartecipante
Grande Oliviero! Il problema è come affermare i nostri diritti avendo contro i sindacati, e non mi illudo di certo che il loro atteggiamento, una vola finita l’emergenza, muti.
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17 Marzo 2020 alle 17:39 #8509gianpiero.colonna@cnr.itPartecipante
Vorrei chiedervi come vi state comportando sulla questione del censimento.
Il direttore spinge per farci fare il lavoro agile.Ma noi insistiamo a voler autocertificare.
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17 Marzo 2020 alle 17:54 #8510gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Autocertificazione. Come sempre
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17 Marzo 2020 alle 19:32 #8512Vito MocellaModeratore
c’è la voce “altra tipologia di assenza” e lì chiedi che venga inserito: “lavoro fuori sede”. Nel mio istituto facciamo così
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17 Marzo 2020 alle 19:33 #8513pamodeoPartecipante
Malgrado le risposte della nostra direzione (“ve la vedrete col DG e il capo del personale”), noi andremo avanti con l’autocertificazione.
Proprio a fronte di inviti e pressioni da direttori e affini, e del significativo “vuoto di memoria” del DG, che si è ricordato addirittura del telelavoro, ma ha sempre omesso il servizio fuori sede nei vari comunicati esplicativi o meno, mi pare il caso di presentarci compatti e numerosi.
Sarebbe forse il caso anche di fare un censimento, sia degli istituti i cui direttori si siano espressi in un senso o nell’altro, sia di quelli in cui la situazione è ambigua, nonché sul numero di ricercatori che sicuramente presenteranno l’autocertificazione di attività fuori sede presso il proprio domicilio.
Purtroppo devo anche ribadire il silenzio assordante dei sindacati confederali su questo tema, anche a fronte di specifiche richieste di presa di posizione, e, anzi, il quasi beffardo “cari saluti, buon lavoro agile a tutt*” che chiude l’ultimo comunicato (di una serie che tratta di tutto tranne, ovviamente, del tema di cui stiamo discutendo) di uno di essi.
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17 Marzo 2020 alle 18:22 #8511gioluPartecipante
Secondo me fate bene ad autocertificare. I direttori secondo me dovrebbero essere i primi a garantire e tutelare i ricercatori
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18 Marzo 2020 alle 10:14 #8514fedePartecipante
Chiedo scusa, ma qualcuno può spiegarmi la differenza tra lavoro agile e lavoro fuori sede? Per quanto ne so, non vi è sostanziale differenza, se non che la sede tradizionale del lavoro agile per il lavoratore generico è la propria abitazione (ma non necessariamente), e che vi deve essere un contratto individuale (ma noi abbiamo il contratto collettivo che ricalca proprio la definizione di lavoro agile della Legge 81/2017, tranne per il fatto che il datore di lavoro deve mettere a disposizione strumenti tecnologici). Dunque, secondo me, noi eravamo già in lavoro agile (ovvero senza particolari vincoli spazio-temporali) senza esserne a conoscenza, nel senso che normativamente questa modalità non era regolamentata a livello nazionale per tutte le categorie di lavoratori, compresi i dipendenti pubblici. A maggior ragione, le norme impongono che in tempi di emergenza il lavoro agile debba diventare la modalità ordinaria di lavoro (vedi direttiva 2/2020 del ministero della pubblica amministrazione). Io credo che una volta finita l’emergenza (speriamo presto) non si possa tornare indietro e che sarebbe da sciocchi e irresponsabili continuare a sostenere che i ricercatori non possano svolgere il proprio lavoro anche a casa: se lo abbiamo svolto in tempi di emergenza con i nostri pc, perché non potremo svolgerlo anche in futuro?. Anche il problema dei buoni pasto è superabile: non è affatto vero che non spettano al lavoratore agile, anzi la legge dice esattamente il contrario:«il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato (…) nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda». Ciò rende nulle le clausole che stabiliscono disparità di trattamento.
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18 Marzo 2020 alle 10:39 #8515pamodeoPartecipante
Ciao,
in parte la risposta è già contenuta nella domanda, in tutti gli “a parte”, i “tranne”, i ticket, e non sono, a livello normativo, differenze da poco.
Inoltre, il lavoro agile prevede accettazione del direttore, accordi su attività da svolgere, fasce orarie, etc. che sono in chiaro contrasto con quanto previsto dal nostro contratto.
A livello più generale, il solo fatto di proporre/imporre il lavoro agile per tutti, invece di farlo solo per chi non è coperto dal nostro contratto, o meglio ancora, come fatto in altri enti, di estendere le prerogative del nostro contratto agli altri, rappresenta un’ulteriore NEGAZIONE del fatto, già attaccato in passato per varie vie, che il nostro contratto permetta il lavoro a casa.
Quindi mi pare che nella declinazione adottata dal CNR il “lavoro agile” si CONTRAPPONGA al lavoro fuori sede, di fatto rappresentando un’ulteriore modalità, come il telelavoro e lo “smart working” più generalizzato, che viene già e verrà presumibilmente utilizzata in circolari future come argomentazione, vedi passato, per giustificare l’INACCETTABILITA’ della sede casalinga per il lavoro fuori sede.
Fare in modo che il lavoro fuori sede casalingo, con le tutele e le modalità attualmente presenti nel nostro contratto, rappresenti la forma accettata di lavoro agile/smart, o come lo vogliamo chiamare, ALMENO per il livelli I-III è la battaglia che dobbiamo combattere, per evitare che nelle prossime contrattazioni passi il concetto contrario, ovvero che una normativa restrittiva e sottoposta alle decisioni dei direttori, sostituisca quella attuale.
Saluti “fuori sede” a tutti.
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18 Marzo 2020 alle 11:13 #8516gioluPartecipante
d’accordo 100% con pamodeo. Qui i confederati stanno prendendo una cantonata pazzesca (a vantaggio di chi? scusate ma a questo punto non credo piu’ che NON possano sapere o capire). E’ il momento di far valere finalmente i nostri diritti.
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18 Marzo 2020 alle 11:24 #8517fedePartecipante
Ciao, Piero. Rispetto la tua posizione (e sono anch’io fermamente convinta che possiamo lavorare da casa per contratto) ma non la condivido. Ribadisco che è per legge che i ticket spettano anche al lavoratore agile in assenza della mensa aziendale e che se c’è un contratto collettivo che non lascia nulla all’immaginazione e all’interpretazione (almeno per quanto riguarda i ricercatori) il lavoro agile è proprio la modalità di lavoro per la quale ci battiamo. A mio avviso, la battaglia che dobbiamo combattere è far inserire queste due paroline magiche nel contratto collettivo, in modo che non ci siano più dubbi. Sottolineo che il nostro datore di lavoro, checché ne dica il DG, non è il direttore d’istituto, ma il cnr. Anche questa errata convinzione del DG verrebbe a cadere se il lavoro agile venisse regolamentato nel CCNL. I dirigenti cambiano, e rischiamo di vincere una battaglia ma di dover continuare a combattere contro nuovi DG. Del resto abbiamo già una sorta di incentivazione al risultato, dal momento che per ricevere gli scatti stipendiali siamo obbligati a presentare una relazione con relativa lista delle pubblicazioni. Dunque non vedo cosa ci sarebbe da concordare se non ratificare una modalità già di fatto ordinaria.
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18 Marzo 2020 alle 13:17 #8518pamodeoPartecipante
Ciao Fede,
il punto che volevo mettere in evidenza è che al momento il “lavoro agile” è stato normato dal CNR con precise regole, tanto per cambiare restrittive ed in contrasto con il contratto.
Quindi, in ogni caso, ciò che bisognerebbe ottenere è che le “due paroline” nel contratto venissero contestualizzate opportunamente, senza equivoci e senza interpretazioni “creative”.
Ma a questo punto ci andremmo comunque a scontrare con due problematiche:
1) ancora non è chiaro ed univoco cosa sia il “lavoro agile”, sia a livello di legge, che di applicazione nel CNR. Quindi, almeno allo stato attuale, volendolo inserire nel contratto, le incertezze aumenterebbero visto anche che, se il buongiorno si vede dal mattino, nel CNR l’incarnazione che ne sta venendo fuori non è propriamente rassicurante;
2) proprio perché, come scrivi “i dirigenti cambiano, e rischiamo di vincere una battaglia ma di dover continuare a combattere contro nuovi DG”, sarebbe opportuno avere un solido e permanente riconoscimento di un diritto garantito da una CORRETTA lettura del contratto che GIA’ PREVEDE il lavoro fuori sede e NON PREVEDE autorizzazioni o discriminazioni o limitazioni di sede, orario o attività, piuttosto che avventurarsi in trattative con(tro) gli stessi soggetti dai quali stiamo provando a difendere i nostri attuali diritti. In assenza di questo riconoscimento, meglio lo status quo, che almeno ci permette di difenderci legalmente partendo da una posizione solida, che un salto nel vuoto con un paracadute quasi certamente bucato.Da un punto di vista più formale, ma non essendo del campo, spererei in un parere tecnico, ritengo che se (caso A) l’impianto del “lavoro agile” dovesse rimanere generale, cioè con un unico testo per tutti i livelli, bisognerebbe che la formulazione fosse comunque ben distinta tra chi ha le tutele per contratto e chi non le ha, a meno che, simultaneamente alla regolamentazione del lavoro agile, non fossero rimosse TUTTE le specificità tra R&T ed altri, ovviamente nel senso di estendere quelle dei primi ai secondi. Ma la cosa mi pare difficile per molti motivi anche indipendenti dalla volontà del CNR e quest’ultima mi pare orientata nel verso opposto, di imporre le limitazioni vigenti per i livelli IV-VIII a quelli I-III.
L’alternativa (caso B) rimarrebbe quella di applicare le norme esistenti per chi ha già flessibilità maggiori o uguali di quelle previste nella formulazione finale e definitiva del “lavoro agile”, regolamentando con quest’ultima solo le situazioni al momento non coperte o coperte in modo più restrittivo.
In ogni caso, in questo momento storico e politico, e con i sindacati confederati appiattiti sulle posizioni dell’ente (e la maggior parte dei nostri colleghi apparentemente estranei alla problematica), auspicherei un intervento sul “lavoro agile” per recepire elementi contrattuali e non inserirei, viceversa, potenziali “cavalli di Troia” nel contratto, con riferimenti a normative sul “lavoro agile” concretizzate in emergenza e al momento non del tutto definite, sia a livello generale che dell’ente, che potrebbero risultare penalizzanti “a regime” (doppio senso volontario).
Visto che, come concordi anche tu, sono le interpretazioni del DG a creare problemi, non saremo mai al sicuro da queste, ma di certo non creerei potenziali indebolimenti del contratto per prevenire un rischio che comunque resterebbe.
“Ratificare una modalità già di fatto ordinaria”, è esattamente ciò che si verificherebbe con la soluzione B, ed è ciò che auspicavo nei miei interventi precedenti, a parte che il “di fatto ordinaria” è messo in discussione da DG, sindacati e direttori (e addirittura qualche collega), per cui forse sarebbe meglio riformulare in “ratificare una modalità già presente nel contratto”.
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18 Marzo 2020 alle 13:58 #8519Vito MocellaModeratore
Cosa sia il lavoro agile è abbastanza chiaro. E’ un dato di fatto che, quando a dicembre 2018 ne ho parlato in CdA – mentre loro parlavano di telelavoro- non avevano la benché minima idea di cosa fosse il lavoro agile quindi stanno recuperando partendo un gap che è stato accumulato per aver a lungo trascurato l’applicazione della normativa in merito. Venendo ad oggi vi invito a fare attenzione: in nessuna comunicazione ufficiale viene detto alcunché sul lavoro fuori sede, ben si guardano dal dire che non è utilizzabile in questa fase ed anche nel censimento che è arrivato ieri c’è la voce “altra tipologia” che chiaramente include il lavoro fuori sede. In tutte le comunicazioni, in modo pilatesco, si evita di parlarne ma non c’è bisogno che l’amministrazione riconosca l’esistenza del contratto, e io starei molto attento a fare aggiungere paroline perché poi fanno pasticci. Il contratto va bene così come è ed è valido senza la necessità di essere recepito/ratificato. Se poi qualche ricercatore e tecnologo rinuncia volontariamente è un problema suo, se invece è indotto/minacciato dal proprio direttore va ricordato che potrebbe essere una forma di mobbing.
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18 Marzo 2020 alle 14:10 #8520fedePartecipante
Comprendo perfettamente le tue ragioni, e non dico che sia una passeggiata ottenere un contratto chiaro e favorevole all’attività di ricerca, dal momento che in ogni epoca e luogo esisterà sempre una “lega del Pippione”. Ma a contrattare mandiamoci gente adeguata a farlo, perché in fondo se i sindacati sono inadeguati è anche colpa nostra. Concordo però con te nel riconoscere che altro non sarebbe che una ratifica di una modalità già presente nel contratto e, di fatto, già attuata da tempo. Non sono però d’accordo sulla diffidenza verso una legge che mi sembra invece un’ottima legge sia per i risvolti ambientali che per la necessità di armonizzare tempi di vita e di lavoro. Ripeto, ci sono pochissime restrizioni nella legge, e quelle poche non riguardano i ricercatori, che come vado predicando (inascoltata) da tempo non hanno alcun obbligo di pausa né alcuna subordinazione per quanto riguarda lo svolgimento della propria attività professionale.
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18 Marzo 2020 alle 14:47 #8522Vito MocellaModeratore
c’è probabilmente un malinteso, io non sono affatto diffidente verso il lavoro agile, anzi l’ho proposto due anni fa e l’amministrazione del CNR ignorava l’esistenza stessa. Ripeto quello che ho detto e scritto nel 2018: il nostro contratto prevede già una forma di lavoro molto agile per ricercatori e tecnologi, in virtù delle specificità del nostro lavoro non come “benefit” come alcuni pensano,e quindi il CNR dovrebbe essere in condizioni di vantaggio perché il 60% della sua forza lavoro ha già il lavoro agile da contratto e quindi, a differenze di altri Enti pubblici, ha più della metà del lavoro già svolto e che potrebbe fungere da esempio per l’implementazione del lavoro agile per la componente che non la ha inclusa nel contratto
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18 Marzo 2020 alle 14:58 #8523pamodeoPartecipante
Personalmente, la mia diffidenza non è verso la legge, a cui, tra l’altro, vorrei dedicare una lettura più completa e attenta, “dal basso” delle mie limitatissime competenze legali, ma è verso:
a) in generale, tutti i regolamenti, decreti ad altri strumenti attuativi vari, che da esperienze passate, hanno rovinato o, quantomeno, “spuntato” le migliori leggi in vari campi;
b) in particolare, le regolamentazioni da parte del CNR, che riescono in ogni caso ad arrivare in ritardo (come scritto da Vito nell’ultimo messaggio) ed aggiungere una nota coercitiva e sfavorevole al personale, particolarmente quello R&T.
Ad ogni modo, come ribadito da Vito nel penultimo messaggio, considerato anche il momento difficile e l’invito che ci viene rivolto (strumentalmente) a semplificare le cose, non esiste nulla di più semplice che applicare una norma vigente e di natura particolarmente stringente quale quella contrattuale.
Ovviamente, sul lungo periodo tutti speriamo che leggi e contratti includano naturalmente, ed in modo da tutelare sia enti/aziende sia i lavoratori, tutte le modalità di lavoro tecnologicamente possibili, ma al momento la cosa, almeno al sottoscritto, non pare ottenibile e nemmeno proponibile.
Detto in altri termini, se vedo già fantascientifica una nota del DG in cui si precisa che chi può usufruire del lavoro fuori sede possa indicare quello invece dell’incubo burocratico del lavoro agile (in salsa CNR), l’ipotesi del “contrordine compagni” con una nuova “regolamentazione agile (e da contratto per i livelli I-III)” del “lavoro agile” in “tempi agili” la vedo “lisergica”. Pertanto, in attesa di una legge e di connessi regolamenti che “blindino” il “lavoro agile” nei termini in cui sembra andare la legge (ma non nell’interpretazione CNR) mi terrei stretto il contratto e punterei a richiederne implicitamente (con l’autocertificazione) il rispetto da parte del CNR, piuttosto che cercare di far applicare a Roma l’equazione “lavoro agile = lavoro fuori sede secondo contratto”.
Pertanto, a stretto giro, rilancio l’idea di un mini-censimento atto a comprendere la posizione dei singoli ricercatori e degli istituti sulla certificazione di questo periodo. Parallelamente, si potrebbe pensare a iniziative per pubblicizzare quanto scritto da Vito nell’ultimo messaggio in vari contesti di discussione sul lavoro agile in altri enti o comparti interessati dalla legge, ma in cui tale istituto è ancora del tutto o in larga parte assente. -
18 Marzo 2020 alle 15:33 #8524fedePartecipante
Il punto non è il riconoscimento del contratto da parte dell’amministrazione del cnr, ma il non riconoscimento della validità del lavoro svolto nella propria abitazione. Il vantaggio (io la vedo così) che ha il DG è dovuto al fatto che il contratto non prevede esplicitamente questa possibilità, e purtroppo non credo che la giurisprudenza sia univoca né sull’interpretazione delle norme equivoche dei contratti collettivi né sui presupposti e sul riconoscimento dei danni del mobbing. La mia esperienza personale mi induce a non trascurare mai la possibile esistenza di una lega del Pippione, anche in ambiti, come quello giurisdizionale, dove dovrebbe essere bandita.
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18 Marzo 2020 alle 16:28 #8525pamodeoPartecipante
A mio avviso “il non riconoscimento della validità del lavoro svolto nella propria abitazione” è non-“riconoscimento del contratto”. E quest’ultimo non è “equivoco”: non prevede il lavoro svolto nella propria abitazione, come non prevede tutta una serie di differenti attività fuori sede, assai disparate tra loro, ma non lo esclude, e tutto ciò che non è esplicitamente escluso dai contratti è permesso in assenza di condizioni ostative vincolanti. In più, alla luce della “versione di guerra” del lavoro agile attualmente in vigore, le diverse condizioni ostative (vedi circolare del 2016, con relativo parere ARAN) o sono smentite dalla proliferazione di strumenti per il lavoro a domicilio (quindi non è vero che ne possa esistere solo uno o che l’uno neghi o sia equivalente all’altro, se no ci mettevano tutti ai “telelavori forzati”), o non esistono/sono bypassabili con semplice autocertificazione (questioni assicurative/di sicurezza/ergonomia). Considerando che tali condizioni erano già deboli ed attaccabili in precedenza (anche con altri argomenti), il rischio di trovare un giudice fratello gemello del DG separato alla nascita, che comunque esiste, ritengo sia uno di quelli che si può e si deve correre.
Ad ogni modo, in chiave (pro)positiva, vorrei capire meglio le eventuali proposte alternative per la gestione della situazione attuale, perché non mi sono chiare, vista che l’alternativa (a parte ferie, malattia et similia) sarebbe l’adesione al “lavoro agile in salsa CNR”, con corredo di dichiarazioni, domande, autocertificazioni, …
Se c’è una terza via, ben venga e discutiamone…P.S. off-topic (ma non troppo) in vari commenti abbiamo letto del “censimento”, ma a noi non risulta negli ultimi giorni, cosa è, come e da chi vi è arrivato?
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18 Marzo 2020 alle 17:20 #8526fedePartecipante
Piero, ma come fai ad asserire che tutto ciò che non è esplicitamente escluso dai contratti collettivi è permesso? Mi dispiace contraddirti, ma non è assolutamente così. Talvolta anche le leggi si prestano a una duplice interpretazione o comunque vengono interpretate in modo difforme dalla loro ratio, e a dirimere i contrasti sono sempre i giudici. E, se come tu stesso ammetti esiste un fratello gemello del nostro DG, allora ne esistono o possono esisterne infiniti! Comunque nell’ultima nota, conformemente alla direttiva ministeriale 1 (poi sostituita dalla direttiva 2), il nostro DG si è affrettato ad eliminare tutto l’iter farraginoso ( di cui anch’io sono stata vittima) per l’accesso al lavoro agile: ora basta una semplice mail di comunicazione al proprio direttore e l’autocertificazione mensile dell’orario di lavoro.
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18 Marzo 2020 alle 17:30 #8527Oliviero TalamoPartecipante
Cara Fede, provo a rispondere ad alcuni punti dei tuoi messaggi di oggi, anche se c’è già stata discussione, sperando di essere sufficientemente dettagliato.
- I ricercatori/tecnologi, non si battono per il lavoro agile ma per la corretta interpretazione del CCNL. L’art. 58 del CCNL ribadisce che “.. I ricercatori e tecnologi hanno l’autonoma determinazione del proprio tempo di lavoro…” cosa ben diversa dal lavoro agile che invece “è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro”.
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Non c’è nessuna parolina magica da inserire nel CCNL. Tra l’altro l’incentivo ad avvalersi del lavoro agile per tutti i dipendenti ai quali tale modalità si riferisce era già presente nel “Decreto Madia” [che prevedeva oltretutto che la pubblica amministrazione si impegnasse ad adottare misure volte a fissare obiettivi per l’attuazione del lavoro agile, con l’obiettivo di raggiungere il 10% del personale coinvolto entro tre anni.
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Sinceramente mi giunge nuova la notizia che il DG pensi che i Direttori di Istituto siano i nostri datori di lavoro (al più forse pensa di esserlo lui). Le idee originali del DG riguardo al CCNL non scaturiscono dalla più o meno corretta applicazione della normativa sul lavoro agile, basta vedere le fantasiose idee in merito al dettato dell’art.58 presenti nella sua Circolare 9.
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Il passaggio di fascia stipendiale non è configurabile nemmeno lontanamente come “una sorta di incentivazione al risultato” dato che prevede esclusivamente una relazione complessiva sulla “regolare attività svolta”. Volendo si potrebbe (con una certa forzatura) parlare di “una sorta di incentivazione al risultato” in riferimento ai meccanismi concorsuali per il passaggio di livello
Vorrei ribadire in coda che mi sembra improprio e anche fuorviante usare il termine “lavoro agile” per i ricercatori.
Come già detto, ne esiste una definizione precisa e a tal proposito sul Sito del Ministero del Lavoro si legge: “La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).”
Personalmente trovo questa interpretazione abbastanza comprensibile anche senza essere esperti di diritto del lavoro.
Dall’interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro, mi sembra evidente che il lavoro agile è tutt’altra cosa rispetto all’autonomia determinazione del proprio tempo di lavoro contemplato dall’art. 58 del nostro CCNLVenendo al punto sollevato “in chiave (pro)positiva” da Pietro penso che i ricercatori/tecnologi debbano continuare ad autocertificare il proprio lavoro come previsto dal CCNL e come abbiamo fatto finora noi ad ISASI (almeno tutti quelli che hanno aderito allo Sciopero Bianco). Noi, ogni fine mese, presentiamo un’autocertificazione nella quale indichiamo solo le ore lavorate in sede e quelle lavorate fuori sede giornalmente.
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18 Marzo 2020 alle 19:01 #8528fedePartecipante
Caro Oliviero, francamente ciò che capisco dal tuo intervento è che sei spaventato dal termine “subordinato”. La subordinazione non implica che il lavoratore non possa avere piena autonomia del proprio tempo e dell’attività, ma solo che il lavoratore è un “dipendente”, con tutti i diritti che ne conseguono, e non un lavoratore autonomo. Siamo tutti lavoratori subordinati, noi ricercatori e tutti i tecnici e gli amministrativi, seppure con funzioni e modalità lavorative differenti. Anche la Cassazione ha più volte precisato che orari irregolari e prestazioni discontinue non sono incompatibili con il lavoro subordinato. Inoltre, forse non ti sei reso conto che nel cnr molti aspirano ad essere identificati con il datore di lavoro: hai letto la mail di oggi proveniente dalla segreteria UGRU? Comunque, giacché mi sento fraintesa e devo mio malgrado constatare che i miei interventi sull’argomento non sono evidentemente graditi, tolgo il disturbo.Saluti a tutti.
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18 Marzo 2020 alle 19:36 #8529Oliviero TalamoPartecipante
Cara Fede (e cari tutti), mi dispiace che ti senti sgradita, qui si discute per comprendersi ed aiutarsi costruttivamente.
Personalmente non ho paura nè disprezzo alcun tipo di lavoro, inoltre sono sempre stato favorevole al lavoro agile per tutti i contratti ai quali può essere applicato -
9 Aprile 2020 alle 11:09 #8536gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Buongiorno a tutti. Qualcuno ha ricevuto/visto la circolare “coronavirus – indicazioni operative in materia di personale durante il periodo emergenziale – covid.19.” di ieri (8 Aprile 2020)?
Da Marzo compreso siamo tutti in codice COVID-19 senza se e senza ma.
La suddetta circolare è stata inviata a:
Ai Direttori di Dipartimento
Ai Direttori di Istituto
Ai Dirigenti
Ai Responsabili di Unità
e.p.c.
Al Presidente del CNR
Prof. Massimo INGUSCIO
Al Direttore Generale
Dr. Giambattista BRIGNONE
Al Direttore Centrale Gestione Risorse
Dott.ssa Annalisa GABRIELLI
Alle OO.SS.Ovvero tutti tranne che ai dipendenti.
Buona giornata
Gianluca -
19 Maggio 2020 alle 19:05 #8591gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Buonasera, apprendo oggi che il CODICE COVID-19 viene inserito di default dall’amministrazione dell’Istituto a meno che non vengano certificate (con timbratura elettronica in sede) almeno 6 ore lavorative (in sede).
Ovvero, anche dopo il 18 Maggio viene negato il Lavoro certificato fuori sede.
(E sarà così fino al 31 Luglio 2020).
Ci sono Istituto che stanno facendo diversamente?
Grazie
Gianluca (NANOTEC-LECCE) -
19 Maggio 2020 alle 19:23 #8592Vito MocellaModeratore
Caro Gianluca, quello che tu descrivi è un reato. Se si autocertifica il lavoro fuori sede in modo appropriato e formale, ogni modifica non autorizzata dall’interessato è una falsa attestazione. Ti assicuro che quanto tu descrivi non accade nel mio istituto, altrimenti lo avrei denunciato. Se accade nel tuo non resta che fare una diffida all’amministrazione e se persiste procedere con una denuncia per falso.
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19 Maggio 2020 alle 19:32 #8593gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Grazie Vito, due precisazioni se possibile:
1) Lo stesso valeva anche prima del 18 Maggio?
2) Da molti mesi ormai, facciamo la certificazione del lavoro fuori sede su ePas inserendo l’orario di inizio e fine e nelle due righe sottostanti inseriamo “Adesione sciopero bianco”. Questo sarebbe appropriato e formale?
Grazie ancora
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19 Maggio 2020 alle 19:40 #8594Vito MocellaModeratore
Il falso c’è comunque prima e dopo il 18 maggio. Credo che la cosa più opportuna sia scrivere un messaggio non equivocabile all’amministrazione specificando che non si autorizza alcuna modifica alle proprie attestazioni (epas o altro) e si invita procedere ad una correzione secondo quante effettivamente dichiarato. Per il futuro l’autocertificazione meglio inviarla solo con modulo apposito a fine mese, eventualmente via PEC se si intende rafforzare il lato formale (ma è chiaro che non è necessaria la PEC e l’email ordinaria va benissimo). Poi non resta che la denuncia sia se non hanno proceduto a modificare il passato sia, soprattutto, se perseverano nel futuro.
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19 Maggio 2020 alle 20:27 #8595gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Grazie Vito,
molto chiaro. Ne parlero’ coi colleghi.
Devo confessare che arrivare a formalizzare una denuncia non-collettiva non mi entusiasma. Non certo per l’esito ma tutto l’interminabile iter associato.Ti ringrazio ancora
Gianluca -
21 Maggio 2020 alle 14:37 #8596sergio.ragonese@cnr.itPartecipante
Cari tutti,
mi era sfuggita la nota del 8 maggio del 2020 in cui Brignone (fra altre convulse istruzioni e direttive) mi chiede di programmare e rendicontare le attività svolte durante le 7 ore e 12 minuti giornaliere di lavoro agile a quanto ho capito non nella consueta modalità prima Epas e poi autocertificazione ma secondo 1) Epas (inserimento specifica covid – 19) –> 2) inserimento su una nuova piattaforma AVVIO DEL FLUSSO e Flusso “Monitoraggio SW Covid19” – ma chi suggerisce la scelta dei termini ai dirigenti centrali CNR? – ) 3) sottomissione alla firma di qualcuno fra dirigente / direttore / responsabile – per il sottoscritto, Dirigente di Ricerca, forse potrei firmarmi io medesimo, ma dato che si parla dei livelli I – III e non mi ricordo di rientrare fra il personale per il quale è attivo il ciclo
integrato della performance (che non ho idea di cosa sia), penso si riferisca nel mio caso al mio Direttore di Istituto che dovrebbe validare / accettare / constatare / le mie dichiarazioni ed infine 4) (ma forse mi sbaglio) mia autocertificazione finale.
A parte che il tutto mi appare leggermente in contrasto con la libertà di ricerca e la frase “ferma restante l’autonomia relativa ai Livelli I – III” contenuta nella stessa circolare, quando io sono in lavoro agile (perdendo buono mensa, che è il meno, ma anche la possibilità di fare straordinario visto che non mi verrebbe riconosciuto e non potrei recuperarlo), mi chiedo se la procedura sia stata concordata con i sindacati e se comunque non dovesse essere il Direttore di Istituto a recepire la Direttiva Brignone ed ad adattarla al contesto del suo Istituto visto che per quanto mi ricordi al Direttore spetta l’organizzazione scientifica della struttura dallo stesso presieduta.Meno male che a fine anno me ne vado in pensione (sempre che il governo nazionale non cambi le regole in corso d’opera).
A chiunque potrà darmi qualche chiarimento e suggerimento, la mia sempiterna (per chi crede in un altra vita) o semplicemente piena gratitudine
Salutissimi da Mazara (dove il covid – 19 sembra riluttante ad entrare data la folla di cerebro perturbati senza mascherine, guanti, visiere e a distanza di 1 millimetro l’uno dall’altro (c’è qualche problema con le misure del Sistema Internazionale)
Sergio Ragonese
sar
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30 Maggio 2020 alle 22:58 #8600gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Buonasera, leggendo i comunicati odierni dei sindacati (se così ancora si possono chiamare) mi chiedo e vi chiedo: E’ possibile manifestare in qualche modo il fatto che io e molti altri non ci sentiamo affatto rappresentati da questi sindacati e quindi intimarli a NON prendere accordi con l’amministrazione centrale per conto nostro? Col contentino dei buoni pasto di Aprile hanno accettato la rendicontazione anche per R&T. E ci hanno “fatto il favore” di poter riprendere a lavorare fuori sede (diritto sancito dal contratto). Grazie a chi vorrà rispondere.
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31 Maggio 2020 alle 11:02 #8601Vito MocellaModeratore
Caro Gianluca, ci sono vari modi per farlo. Chi è ancora iscritto ad uno di essi, può inviare la disdetta all’apposito ufficio. Per tutti gli altri non resta che continuare con lo sciopero, ovvero con l’astensione completa dalla procedura di monitoraggio. Siamo promuovendo poi un’azione legale per il riconoscimento dei buoni pasto, dovuti per contratto e non certo per elargizione di un accordo. Volendo andare oltre si può fare un’azione per far dichiarare l’accordo illegittimo e, forse, anche antisindacale.
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31 Maggio 2020 alle 11:55 #8602gianluca.accorsi@cnr.itPartecipante
Caro Vito, grazie per la risposta. Certamente sono tutte azioni che stiamo già facendo. A Nanotec Lecce (e le altri sedi di Roma e Rende) siamo in 37 a non aver aderito al riempimento delle scartoffie e inoltre abbiamo inviato una lettera a firma di tutti esprimendo la nostra contrarietà per questa ed altre imposizioni. Mi (ci) trovi certamente d’accordo per un’azione legale mirata a riottenere quello che è nostro e anche a rimostrare ufficialmente il dissenso verso l’operato di questi sindacati. Buona domenica e grazie ancora. G-
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7 Giugno 2020 alle 15:21 #8465StefanoPartecipante
Anche io mi chiedevo come mai il CNR non è in prima linea in questa situazione. Sai quanti tamponi potremmo analizzare con un minimo di adeguamento dei laboratori…. solo un esempio.
Tronando pero a quanto scrivevea Vito questa mattina, mi chiedo come il “già previsto nel contratto per Ricercatori e Tecnologi, anche se disatteso in alcune realtà dell’Ente” si coniuga con la circolare ARAN del 2017?
https://www.urp.cnr.it/documentotesto.php?id=32&anno=2017 <https://www.urp.cnr.it/documentotesto.php?id=32&anno=2017>.
Grazie Vito per un chiarimento
Stefano -
1 Luglio 2020 alle 9:06 #8672s.paloscia@ifac.cnr.itPartecipante
Volevo comunicare una mia piccola esperienza in tema di lavoro agile. Dopo aver passato le forche caudine del lavoro agile obbligatorio e della conseguente rendicontazione del lavoro svolto, del tutto in contrasto col contratto R&T, ho deciso di non mettermi più in lavoro agile ma di fare per giugno dei permessi di lavoro fuori sede per Covid come mi sembra di essere autorizzata a fare sempre secondo il mio contratto di lavoro. il risultato è stato che per giugno io risulto assente senza motivo e i permessi non sono stati accettati dal mio direttore. A questo punto, come mi devo comportare? Credo sia inutile rivolgermi a un Sindacato anche se sono un’iscritta CGIL.
grazie per eventuali suggerimenti e chiarimenti
Simonetta Paloscia (CNR-IFAC)-
1 Luglio 2020 alle 9:31 #8673Anonimo
Invece penso che sia proprio il caso di rivolgersi al sindacato, a maggior ragione, se è iscritta alla CGIL. Contatti le RSU di competenza o direttamente Rosa Ruscitti.
AndreA
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1 Luglio 2020 alle 9:57 #8674Vito MocellaModeratore
Cara Simonetta, fai bene ovviamente a rivolgerti a chiunque tu lo creda ma le cose sono abbastanza chiare. Innanzitutto il lavoro fuori sede non è un “permesso” come tu erroneamente lo definisci, ma un diritto contrattuale che non è soggetto ad autorizzazione (che è sottintesa nel termine “permesso”). Il lavoro svolto fuori dalla sede è autocertificato mensilmente, questo dice il contratto. Nel momento in cui tu presenti un’autocertificazione prevista da una norma di legge la mancata accettazione da parte di un’amministrazione pubblica configura un reato, esattamente come la mancata accettazione dell’autocertificazione della residenza, per fare un esempio. A questo punto, magari dopo averlo gentilmente fatto notare alla tua amministrazione, non ti resta che denunciare questo reato penale. Il riconoscimento della prestazione lavorativa nel mese di giugno sarà una diretta conseguenza della tua denuncia.
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1 Luglio 2020 alle 10:03 #8675pamodeoPartecipante
Salve e in bocca al lupo!
In altri momenti, all’idea di rivolgersi a Rosa Ruscitti per questioni inerenti al lavoro fuori sede, da iscritto CGIL ti avrei detto “Auguri!”, visto che in molti ci siamo scontrati contro le sue posizioni che sono più realiste del re, nel senso che sposa acriticamente la posizione dell’ente, si è sempre rifiutata di procurarsi ulteriori consulenze o pareri giuridici (fosse anche in supporto della posizione dell’ente) e in più aggiunge una nota ideologica contro il lavoro fuori sede a casa, che considera un iniquo privilegio dei ricercatori e un fattore di divisione con i tecnici/amministrativi (gli straordinari dei quali, evidentemente, non la turbano in senso opposto, visto che non perde occasione per richiederli anche in momenti e contesti impropri). Al momento, per motivi vari sui quali forse è meglio non indagare, la CGIL, non firmando l’ultimo accordo, si è messa (ambiguamente, da attenta lettura dei comunicati) su una posizione di maggior tutela dei diritti dei R&T (anche se sempre preceduta da osservazioni circa la propria contrarietà ad azioni dei R&T a tutela delle proprie prerogative contrattuali). Quindi in ogni caso (ma fosse anche per verificare un’eventuale ulteriore inadempienza del sindacato) vale la pena di fare un passaggio tramite la CGIL.
Sicuramente, se hai prodotto regolare autocertificazione dell’attività fuori sede, ai sensi dell’art 74, c. 1 del DPR 445/2000, la mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazione costituisce violazione dei doveri d’ufficio e sarebbe pertanto perseguibile.
Nel nostro caso (ICB) il direttore ha accettato le autocertificazioni, salvo porci di ufficio in lavoro agile COVID19 (in parte retroattivamente) dal 12 marzo al 18 maggio. Essendo la nostra posizione meno seria della tua ed essendo il direttore dimissionario, stiamo ancora valutando il da farsi.
A questo punto, pur esprimendo solidarietà ai colleghi variamente minacciati per una lettera di spiegazione circa il proprio rifiuto di compilare i flussi, pur aderendo alla legittima richiesta di riconoscimento dei buoni pasto indipendentemente dalla compilazione dei succitati flussi, auspicherei una massiccia, per quanto tardiva, adesione di TUTTI i R&T non rientrati in sede (ma anche di quelli rientrati nei giorni di eventuale turnazione) al lavoro fuori sede, per creare una massa critica che, da esperienze passate e presenti, ha sempre mandato in crisi i “falchi” della sede centrale e quantomeno fatto accettare “empiricamente”, seppure senza il tanto sospirato riconoscimento ufficiale, il rispetto delle prerogative contrattuali in termini di autodeterminazione di orario e luogo di lavoro.
Saluti solidali,
Pietro-
1 Luglio 2020 alle 10:09 #8676Vito MocellaModeratore
Caro Pietro nel vostro caso il direttore, se ha fatto quanto tu descrivi, avrebbe compiuto un falso che forse è anche più grave del venire meno ai doveri di ufficio configurati dalla mancata accettazione di un’autocertificazione. Rivolgendovi ad Articolo 33 in entrambi i casi otterreste la necessaria tutela legale.
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1 Luglio 2020 alle 12:59 #8678LS_055Partecipante
Ciao a tutti.
La mia esperienza è questa.
dal 18 maggio ho scelto di uscire dalla modalità “covid19”.
fino al 15 maggio ho usato il codice COVID19 nel documento riepilogativo mentre ho presentato l’autocertificazione per i giorni dal 18 maggio in poi per certificare l’attività di ricerca fuori sede.
dopo la scadenza per la presentazione dei documenti (4 giugno) sono stato contattato per suggerirmi di non usare questa modalità per i seguenti motivi (in ordine cronologico d’uso durante la telefonata):
1. l’ufficio del personale di Roma paventava una violazione della circolare e una possibile azione disciplinare. Io ho chiesto di mandarmi copia della mail con la dichiarazione ufficiale ma non l’ho ricevuta.
2. il direttore non poteva avallare la mia dichiarazione
3. il codice in sigla non c’è
4. non si può lavorare a casa
Io ho insistito e la cosa è finita lì.
Ieri è arrivata una mail ai colleghi in cui si davano indicazioni per la consegna dei buoni pasto (tutti avevano fatto il monitoraggio). Il mio nome non c’era e ho controllato sul cedolino di giugno: 0 buoni pasto.
A qualcuno è capitato?
Inoltre, ho appena saputo che anche sul cedolino di un collega che ha fatto il monitoraggio compare “0 buoni pasto”, però li ha avuti per maggio e aprile!
Come si spiega?
Ciao
Luigi -
1 Luglio 2020 alle 13:24 #8679s.paloscia@ifac.cnr.itPartecipante
Il mio Direttore alla fine mi ha risposto così:
Cara Simonetta,le tue autocertificazioni sono in una forma che non è approvabile, perchè come da circolare n. 16/2019 – OGGETTO: Applicazione dell’art. 58 del CCNL 21.02.2002:
” 2. Modalità di autocertificazione dell’attività lavorativa fuori sede
L’art. 58, comma 3, prevede la possibilità di autocertificare esclusivamente il servizio svolto fuori sede.
Con riguardo alle modalità di presentazione delle autocertificazioni, i ricercatori e tecnologi dovranno dichiarare mensilmente le attività di lavoro effettuate al di fuori della sede di sevizio specificando i seguenti elementi essenziali:
– indicazione del luogo in cui è prestata l’attività;
– indicazione dell’oggetto dell’attività svolta (es. convegno, seminario, riunione, esperimento, ricerca bibliografica, ecc.);
– indicazione dell’orario di inizio e di fine dell’attività lavorativa …….”
Mi sembra una palese distorsione del contratto, voi che ne pensate?
grazie
simonetta -
3 Luglio 2020 alle 9:51 #8680l.sgheri@iac.cnr.itPartecipante
Ciao Simonetta, una possibilità per sottomettere un’autocertificazione potrebbe essere quella di aderire formalmente alle modalità indicate nella circolare 16/2019, ovvero inserendo come luogo dell’attività il proprio domicilio, l’oggetto dell’attività: “attività di ricerca” o qualcosa del genere, l’orario di inizio e fine dell’attività, e magari aggiungendo una clausola del tipo: “libero il CNR e l’INAIL da ogni responsabilità relativa ad eventuali infortuni che dovessero essere sopraggiunti nell’ambito dell’attività fuori sede svolta presso il mio domicilio nel mese relativo all’auto-certificazione”, perché la scusa a cui si attaccano è quella della sicurezza sul lavoro.
Però visto che ci permettono comunque di lavorare da casa, delle due l’una: se una cosa è pericolosa non si ammette e basta (ma poi mi devono spiegare perché gli insegnanti possono correggere i compiti a casa), se invece, avendo ricevuto le norme di comportamento la cosa si può fare, non c’è ragione perché non possa essere fatta anche normalmente, visto che il contratto lo prevede.
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