Lunedì 14 Dicembre ha avuto luogo un evento, in forma di tavola rotonda, che ha battezzato, a mio modo di vedere, il nuovo corso di relazioni interne-esterne al CNR basato sui Direttori e il blocco delle rappresentanze, ispirato dalla sapiente regia del RdP. Modello unico, Fig.1, per tornare ad un mio recente contributo. Blocco di riferimento richiamato e ringraziato più volte, non così i semplici ricercatori, due dei quali, veri RI, sono però stati chiamati a testimoniare del loro valore individuale : la qualità (vedi sotto punto 2 Ministro) in difesa della quale mi sto battendo. Impressionante poi la rete intessuta di onorevoli partecipazioni al netto di contributi piuttosto labili, salvo quello, impostato, di Colei che si è dichiarata tra i promotori dell’iniziativa. Il denaro, quello atteso in abbondanza dal next generation EU fund, ha cementato il tutto. In questo contesto, io ricercatore di base, ho trovato grande conforto nel riconoscere, nei concetti espressi dal Ministro, domino in materia, temi fondamentali più volte esposti anche da noi RI, quando eravamo vivi e in tanti. Li richiamerò brevemente, non prima di precisare che sono solito valutare ciò che è detto, non ciò che è inespresso e tanto meno sono al corrente di retroscena, antefatti, voci, propositi o confidenze di dirigenti e politici.
Cosa ha detto il Ministro Manfredi? Poche cose e chiare. Riprendo i suoi quattro punti.
BILANCIO. Il suo esordio sulla materia è stato davvero singolare.
Cercava le parole giuste mentre tutti aspettavamo il solito mantra : bisogna aumentare il FOE! Cito : il bilancio deve essere tranquillo e regolare. In equilibrio (2 volte). E’ evidente quindi che al di là dell’annuncio pur fatto di 65 milioni di aumento nel FOE, la sua preoccupazione è che i soldi non vengano spesi in modo squilibrato perché diverse sono le esigenze. Immagino io : sanare scantinati (Ref. Report), ristrutturare edifici, sostituire strumentazione, garantire servizi, far funzionare le piattaforme, sostenere un minimo di attività di ricerca intramurale, essere competitivi. Ad oggi noi ricercatori di base non sappiamo ancora quali sono le voci squilibrate di un bilancio in grave passivo ma abbiamo appreso, ancora una volta, del contributo di decine di milioni proveniente dai nostri progetti (Presidente Inguscio dixit) che segnala, tenuto conto del fatto che la sola voce del Personale assorbe almeno il 92% del FOE (Direttrice Facchini), come ad oggi una parte degli stipendi è pagata con i finanziamenti ottenuti dai ricercatori. Osservo, di mio, che per ora è stato sdoganato l’uso improprio di quei fondi. D’altra parte e proprio su questo il Ministro ha fatto un’altra affermazione importante e rispettosa di noi “ricercatori di fondi”. Ha esplicitamente detto che non si cambiano le regole in corsa. Cito : devono esserci regole certe a priori non interventi a posteriori. Come non pensare ai residui?
PERSONALE. Qui invece la parola chiave usata dal Ministro, ripetuta più volte, è stata qualità, già richiamata sopra. E per chi coltivasse dubbi sul suo significato ha ben precisato che serve “un reclutamento regolare di giovani talenti”. Talento che è sinonimo di valore, di merito, qualità sconosciute, per definizione, agli individui massa quali noi dovremmo rifiutare di diventare. Il Talento è valore individuale e ne hanno dato chiara dimostrazione i nostri due colleghi RI che ci hanno illustrato le loro ricerche di prestigio. Non si deve sottovalutare o, peggio, ridicolizzare il merito! Gli RI servono per recuperare soldi e prestigio e , cito : per garantire al Paese il suo allineamento a standard scientifici Internazionali di riferimento. Senza RI si perde la sfida ma perché allora zittirli? Soffocarli nella gerarchia? Ha poi esplicitamente affermato che “la stabilizzazione non è un bene per la qualità” e bisogna voltare pagina gestendone la coda. Concetti poi ribaditi con frasi simili, non ben esplicitate, da On. Verducci : “il precariato è nemico della qualità della ricerca” e dall’On. Fioramonti : “chiudere la partita del precariato che soffoca l’innovazione” . Molto più modestamente come ricercatore di base avevo chiesto ai colleghi precari, al tempo della loro dura contestazione, di combattere sì per la stabilizzazione ma di inquadrarla in un contesto più generale occupandosi anche del resto così da non mortificare il loro avvenire. Mi ritrovo oggi con il modello di ricercatore massa che mortifica il mio presente.
AUTONOMIA. Anche qui il Ministro ha scavalcato in senso progressista il blocco restauratore. Ha esplicitamente affermato che l’autonomia è un valore, che non crede nei sistemi centralizzati (Udite! Udite!) e che l’esercizio dell’autonomia richiede l’assunzione di Responsabilità (Udite! Udite!). Un grande! Lo capisce chiunque che, in presenza di una insaziabile idrovora burocratica, devi smettere di centralizzare il disbrigo di qualunque procedura e che chi si è cercato l’autorità per esercitarla, la responsabilità, è ora che lo faccia senza pararsi dietro a infiniti regolamenti e pretesti (Ref A. Manzoni, I promessi sposi, l’episodio dei capponi).
COOPERAZIONE. Tra gli Enti di Ricerca, in Europa, tra ricerca pubblica e privata. Mi sembra una richiesta di buon senso, ribadita in modo forse più esplicito, per altro in un’ottica un po’ diversa, dall’On. Fioravanti laddove afferma , e cito … fare la sintesi tra i tanti filoni di ricerca e.. risolvere ridondanze ripetizioni con altri EPR. Qui il problema è però il modo : non si può fare calandolo dall’alto senza coinvolgere i ricercatori e il personale di base come è accaduto nell’incresciosa vicenda dell’Istituto del mare che faccio fatica a pensare, a fronte di cotanti convenuti al tavolo, fosse completamente inattesa e sconosciuta. Un anticipo sulle modalità di trattamento dei ricercatori massa?
Fin qui, ringrazio il Ministro che, paradossalmente, essendo lui al vertice della piramide ed io un insignificante punto della base, mi ha fatto sentire meno solo. A questo proposito e prima di concludere, devo però richiamare il fatto che, a fronte di ossessivi riferimenti a Direttori e rappresentanze, ho sentito citare raramente la parola ricercatore, con l’eccezione del Prof. Pietrabissa che ci ha almeno riconosciuto “un alto senso di appartenenza al CNR”, senza il quale in effetti non mi prenderei la briga di scrivere queste righe. Certo, ancorché irrispettoso nei mie confronti, dovrei ricavare che la strada maestra per una mia udienza è quella di consegnare queste riflessioni al CdI del mio Istituto data la sua costante interlocuzione con il RdP della quale loro però non sembrano aver contezza, ignari com’erano, e quindi nemmeno promotori, dell’iniziativa della tavola rotonda che, ben inteso, ha comunque avuto un suo valore.
Saluti. DB