CNR

IL COMPLESSO DEL MERITO

Il complesso, in psicologia, è una definizione usata per descrivere la comparsa di una serie di sentimenti sgraditi, inevitabili, arrecanti incertezze e ansie nei riguardi del soggetto interessato e non alterabili attraverso il ragionamento (da Wikipedia). Questa definizione, dopo la lettura dell’atto di indirizzo del MUR per il rinnovo contrattuale del settore ricerca, ultimo tra i tanti enunciati scritti e orali degli ultimi decenni, ci aiuta a capire il disagio, l’imbarazzo, la nevrosi che deve prendere l’autore, e con lui i suoi consulenti/ interlocutori, quando arriva a dover considerare la parola merito, nel suo non difficile significato. Al complesso di Edipo/Elettra, a quello di colpa, a quello di inferiorità, ben più conosciuti e generalizzabili all’intera umanità, possiamo senz’altro aggiungere il complesso del merito che certamente colpisce gli individui che si occupano del settore della ricerca Italiana. Di che si tratta? Di una reazione repulsiva che si genera ogni qual volta ci si deve, per conveniente necessità, richiamare al merito per motivare richieste che nella realtà rispondono ad altre esigenze, consce e inconsce. Nascono così dei testi, degli enunciati, che sono anodini e monchi, esemplificativi del buio, della paralisi che assalgono l’autore, e che finiscono per tornare utili all’eterno gioco delle strumentalizzazioni. Un po’ come la più volta menzionata importanza della ricerca che, lasciata vaga, serve a motivare le richieste più numerose e varie.

Non si spiegano altrimenti le poche righe raggruppate in tre bevi frasi del capitolo che, nell’atto di indirizzo, il MUR dedica alla valorizzazione del merito e allo sviluppo delle carriere. Analizziamole insieme.

La prima frase : Definire l’articolazione delle carriere in profili e livelli con accesso anche ai livelli apicali e rivedere in coerenza, ampliandole, le opportunità di sviluppo professionale, non dice proprio nulla, non prospetta alcunché. In coerenza con cosa? Quali nuovi principi devono essere applicati rispetto all’attuale articolazione?

La seconda frase : Individuare gli strumenti per la valorizzazione individuale di ricercatori e tecnologi rimodulando gli istituti che regolano il passaggio di fascia stipendiale, l’anticipo di fascia, in un’ottica integrata con le indennità e le opportunità di sviluppo professionale (passaggio di livello attraverso concorso riservato) è se possibile anche peggio. Innanzitutto colpisce, e qui emerge la psicosi, che ci si interroghi sulla natura dei principi e degli strumenti di valorizzazione quando poco sopra si citano sia la carta europea del ricercatore che lo European Framework for Research Careers. Proprio quest’ultimo, il framework, elenca le competenze necessarie, e desiderabili, per ambire ad ottenere uno dei seguenti quattro profili : R1 First Stage Researcher (up to the point of PhD); R2 Recognised Researcher (PhD holders or equivalent who are not yet fully independent); R3 Established Researcher (researchers who have developed a level of independence.); R4 Leading Researcher ( researchers leading their research area or field). E’ semplicemente impossibile, o sarebbe grave insulto alle loro intelligenze, che all’autore e i suoi collaboratori/interlocutori non siano venuti in mente quei criteri come base di valutazione del merito. Accreditando loro la buona fede, non può che trattarsi di uno stato di amnesia prodotto dalla presenza di elementi conflittuali. La confusione sale poi quando si tratta di combinare merito e concorso riservato.

La terza frasePrecisare che le indennità contrattuali di direzione di strutture tecniche e scientifiche per ricercatori e tecnologi, laddove previste dagli ordinamenti di autonomia, sono erogate in relazione alla direzione di qualsivoglia struttura che comporti gestione di risorse umane, finanziarie e strumentali (art. 22 DPR 171/1991) lascia perplessi perché sembra associare la valutazione/valorizzazione del merito all’acquisizione di incarichi, nomine e indennità che spesso, per non dire sempre, sono il risultato di favoritismi e segnalazioni. Il merito verrebbe quindi recuperato a posteriori, con la carica acquisita, e di fatto è davvero così.

Chi sperava che con il PNRR, successivo ad una crisi sanitaria ed economica senza precedenti che, al di là di discutibili protagonismi, ha portato la scienza all’attenzione delle società, si voltasse finalmente pagina eliminando quelle zone d’ombra connaturate alla gestione della ricerca italiana, è benservito. Basteranno buone conoscenze, una data di nascita adeguata, un coltivato equivoco sull’importanza della mansione svolta, un pretestuoso richiamo all’importanza della ricerca per il progresso del Paese e voilà les jeux sont faits. Certo entrare nel merito, e saper verificare le competenze necessarie e desiderabili elencate per ogni livello dal Framework for Research Careers è un bel grattacapo, anche per commissioni competenti e sorteggiate, come dovrebbe essere. Se applicate con onestà e professionalità potremmo trovare difficoltà a riconoscere quelle competenze innanzitutto a noi stessi e poi a tanti altri inclusi i nostri dirigenti e le nostre reclute. Quanti dei primi hanno ad esempio dato prova di avere dato a substantial contribution (breakthroughs) to their research field or spanning multiple areas e di avere sviluppato  a strategic vision on the future of the research field ? E nelle reclute come riconosciamo the ability to conceive, design, implement and adapt a substantial programme of research with integrity oppure l’aver dato a contribution through original research that extends the frontier of knowledge by developing a substantial body of work, innovation or application?  Forse io stesso potrei non avere i requisiti per essere un R4 ma temo anche che pochi dei circa 70 giovani ricercatori passati, più o meno direttamente, nel mio laboratorio in 35 anni di servizio avrebbero soddisfatto i loro. E per fortuna mia (complesso di colpa evitato) e loro (estraniazione e frustrazione evitate), li ho per la maggior parte consigliati e convinti ad abbandonare, e lo sto ancora facendo.

Per il resto l’ ATTO DI INDIRIZZO QUADRO RINNOVO CONTRATTUALE DEL TRIENNIO 2019-2021 PERSONALE DELL’UNIVERSITÀ, DELLA RICERCA E DELL’ALTA FORMAZIONE ARTISTICO MUSICALE E COREUTICA, suona davvero troppo generico e poco idoneo alle necessità rivoluzionarie del momento, in un mondo che è inesorabilmente destinato a  costruire una task force scientifica di valore e in servizio innovativo permanente per far fronte alle nuove e grandi sfide che ci aspettano sulla salute, il clima, l’ambiente. Bisognava ad esempio avere avuto il coraggio di sostenere una riforma degli Enti di ricerca che riconoscesse la loro autonomia di esercizio, non di indirizzo, e invece ci troviamo con… è necessario valorizzare la specificità del comparto istruzione e ricerca rispetto agli altri settori dell’amministrazione pubblica (sigh!).

Concludo che è ora, non senza pormi lo scrupolo nei confronti di qualcuno dei miei già pochissimi lettori che potrebbe erroneamente attribuirmi la patente di presuntuoso dato che fattomi difensore del merito sostanziale pretendessi di esserne in possesso. No, non è così amico mio perché anche a me piacerebbe, sarebbe tanto piaciuto, essere giudicato, misurato per l’effettivo mio valore pronto ad ammirare chi è più bravo di me e a farne un esempio da seguire. Non è purtroppo questa l’esperienza che ho maturato nel corso degli ultimi 35 anni al CNR costellati da molti insuccessi difficili da accettare perché mai motivati. E qui mi fermo per carità di patria.
Se questo è l’atto di indirizzo temo che la ripresa e la resilienza, per potersi affermare, avranno bisogno di una robusta, diffusa e continuativa terapia d’urto psicoanalitica e di massa in grado di rimuovere il complesso del merito.

Diego Breviario  July 2021

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