BLUE SKY per chi?

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  • Questo topic ha 5 risposte, 4 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 6 anni, 5 mesi fa da Romeo.
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    • #1944
      fraga
      Partecipante

        Dopo essere stata felice per la notizia in cui sembrava che il CNR riprendesse a finanziare i suoi ricercatori, ho letto con sgomento i criteri per la partecipazione ai bandi Blue Sky. “I progetti “Blue sky” sono riservati a Principal Investigators (PI) in servizio presso il CNR con una
        anzianità equivalente a quella dei Consolidator Grants ERC (massimo 12 anni dal conseguimento del Dottorato)”.Ritengo vergognoso e indegno che dopo anni in cui l’Ente non abbia finanziato niente (certamente non la ricerca!)ed anzi prelevi dai fondi di ricerca residui i soldi per prolungare i contratti di alcuni precari (con una evidente mancanza di capacità gestionale) si impedisca anche a TUTTI i ricercatori di partecipare a questi progetti!

      • #1945
        Stefano Polesello
        Partecipante

          Partirà la ricerca al prestanome quarantenne < 12 anni dal dottorato. (a parte il fatto che di quest’età assunti non saranno molti).

        • #1970
          Romeo
          Partecipante

            Premesso che per il sottoscritto i 12 anni sono passati da un pezzo, trovo condivisibile il vincolo, stante la scarsità di risorse.
            1) Dalla lettura del CCNL e dei Regolamenti, i profili I, II e III hanno tutti gli stessi identici diritti (e doveri, io credo) di presentare progetti di ricerca e di esserne riconosciuti responsabili.
            2) È opportuno che i colleghi più “giovani” abbiano l’opportunità di avviare quanto attività di ricerca originali nella fase in cui dovrebbero essere più produttivi.
            3) In assenza di un progetto di ricerca originale, i colleghi più “giovani” sarebbero costretti all’inoperatività (=spreco di denaro pubblico) oppure a svolgere il ruolo di post-doc di ruolo a carico del FOE per noi più “anziani” (=allocazione di budget “in kind” per i più anziani in assenza di alcuna valutazione “peer review” né ex ante, né in itinere, né ex-post).
            4) È auspicabile che i più anziani, con >12 anni dal dottorato, abbiano imparato a trovarsi i fondi di ricerca fuori dall’Ente; in caso contrario, il CNR avrebbe un grosso problema di sostenibilità, appurato il fatto che parte dei costi a uomo fermo sono a carico dei fondi di ricerca.
            5) È auspicabile che non nessuno dei “giovani” con <12 anni si presti a fare prestanome di un progetto ideato e scritto da altri perché privo della creatività e/o del carattere di proporre un’idea propria ed originale.
            6) Sarebbe opportuno rendere coerenti i diritti e doveri per i III livelli con i criteri di reclutamento: dimostrare di saper risolvere degli esercizietti da studente del terzo anno di università non ha alcuna correlazione con l’ideare, programmare, ed eseguire con successo un’attività di ricerca.

          • #1991
            fraga
            Partecipante

              Nei PRIN e per alcuni Progetti finanziati direttamente dalle Università (Sapienza ad esempio, con i progetti di Ateneo) una considerevole quota dei finanziamenti è riservata ai ricercatori under quaranta.Una parte non tutto! Continuo a ritenere ingiustificati questi criteri.

            • #1992
              Anonimo

                Condivido quello che dice Romeo.

                E anche io il dottorato l’ho finito da un pezzo…

                AndreA

              • #2096
                Romeo
                Partecipante

                  @fraga. Ai PRIN possono partecipare sia gli accademici che i ricercatori CNR over 40. Sfortunatamente i ricercatori possono CNR “solo” partecipare, e non coordinare, diritto riservato agli accademici. Ma questo sarebbe un altro argomento.
                  @fraga. Conosco diversi accademici (ordinari o associati) della mia area scientifica che gli unici progetti che hanno vinto sono quelli di facoltà (quando c’erano) o di Ateneo. Il massimo della competizione in cui si sono avventurati, la partecipazione ad un PRIN. Vivono felici, ricevendo finanziamenti “in kind” tramite il lavoro (per loro gratuito) di resisti e soprattutto di dottorandi pagati con borse istituzionali, dottorandi che vengono “valorizzati” nelle attività didattiche, che sono invece dovere di chi riceve lo stipendio. Non userei quindi le modalità di allocazione dei fondi presso le università come fulgido esempio da seguire.

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